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Recensione

Librovideogiochi : Joe Dever's Lone Wolf
Edizione Forge Reply 2013
autore/i Forge Reply,Joe Dever
Recensore Dragan

È indiscutibilmente un libro, perché gli eventi che succedono vengono narrati in forma di parola scritta e si devono leggere girando le pagine, seppur virtuali. È indiscutibilmente un game, perché il protagonista della storia è il lettore, che può orientarla con le sue scelte e vi prende parte attiva. Ma un game all’ennesima potenza, con continue incursioni di combattimento in grafica 3D e un’interfaccia animata minuziosa.

È, alle corte, un librogame, questo Joe Dever’s Lone Wolf, titolo dell’opera completa che comprende al suo interno una tetralogia di avventure con protagonista Lupo Solitario pubblicata nel 2013 per la penna del compianto Joe Dever e lo sviluppo di Forge Reply con il supporto di Atlantyca Lab, inizialmente per PC e dispositivi iOs; successivamente, nell’ordine, diffuso su Android, Mac e Play Station 4, fino al recentissimo approdo, circa 6 mesi or sono, su Nintendo Switch. Come tale, come libro, va e viene recensito, fissando probabilmente in questo prodotto il nuovo record da battere in materia di narrativa interattiva non stampata nel secondo decennio degli anni Duemila.

La trama è semplice, com’è giusto che sia un’avventura ambientata tra i libri “classici” 3 e 4 della serie, quando l’ancor giovane Ramas ha sistemato Zagarna, recuperato la Spada del Sole, spedito Vonatar in un altro universo e non ancora conosciuto il fu Vashna e i suoi simpatici accoliti.

Lupo Solitario si avventura di nuovo al freddo a portare assistenza al villaggio di Rockstarn, che ha interrotto le comunicazioni e si teme sia stato attaccato. Timore che si concretizza dopo pochi passi: il piccolo centro pullula di Giak e Drakkar e il buon cavaliere si ritrova ancora una volta solo contro tutti. Dopo aver riscontrato le prime dolorose perdite, niente di meno che una strage, la missione diventa come minimo mettere in salvo i pochi fortunati superstiti.

Tra questi, la giovane Leandra, tagliente di balestra e di lingua, orologiaia che coinvolge Lupo Solitario nel più classico dei puzzle: girare per il paese infestato di creature maligne alla ricerca dei tre pezzi necessari a far funzionare un ascensore che porta verso le miniere e che lei stessa ha sabotato. Con un po’ di fortuna, qualche scelta azzeccata e numerosi scontri all’ultimo sangue i due sistemeranno il marchingegno per lanciarsi verso lo strapiombo, e verso un secondo capitolo tutto da scrivere.

Ovviamente una volta completata questa prima tranche della storia si apriranno nuove prospettive, che faranno da “pretesto” ai capitoli successivi, fino all’immancabile crescendo finale tra avversari più potenti e trame oscure, che nascondono come sempre molto di più rispetto a quanto appaia inizialmente.

Qualcuno della fanbase ha contestato la piccolezza della trama, opinione tutto sommato rispettabile ma da rigettare dal momento che un’avventura motorizzata con il sistema che verrà di seguito spiegato non può che essere breve (ma serrata) e lineare (ma coinvolgente). La prosa è asciutta e ricorda quella del Dever dei primordi, secco nel descrivere gli eventi e meno indulgente nelle descrizioni rispetto ai romanzi contemporanei.

Detto della storia, la chicca non può che essere il sistema di gioco. Lo stupore comincia già dalla creazione del personaggio, che rispetto ai libri cartacei si può selezionare se di indole generale più riflessiva o istintiva, ma per il resto procede di pari passo ai volumi degli anni Ottanta: scelta delle armi, delle Arti Ramas, equipaggiamento, soldi e così via. Si fa tutto in punto di dita, battendo o clickando su icone intuitive (ma comunque esplicate) e sigillando le scelte attraverso menù animati.

Quindi comincia la storia, che viene letteralmente scritta, ecco quello che si diceva all’inizio, parola per parola e capitolo per capitolo a seconda delle azioni compiute: vai in un edificio o nell’altro, fermati a meditare, prendi o lascia oggetti, parla o meno con tizio e così via. A intervallare i blocchi di testo, ogni tanto, di nuovo, proprio come in un librogame tradizionale, splendide illustrazioni a tutta pagina, rigorosamente a scala di grigio e con una punta di animazione che le rende perfino ipnotiche.

Il bello arriva al momento del combattimento, e non c’è da attendere molto. Il tablet deve essere ruotato obbligatoriamente da portrait a landscape (insomma, in orizzontale), mentre sulle piattaforme videoludiche più classiche (leggi PC o Play Station), la cornice che contiene il volume virtuale svanisce in favore di uno schermo intero ricco di colori e modelli tridimensionali; il libro insomma si ritira in buon ordine e lascia il passo a un vero e proprio videogioco, un tipico action Rpg: Lupo Solitario si impersonifica in un piccolo Ezio Auditore, che brandisce un’arma per braccio, coltelli e all’evenienza la buona Spada del Sole; i Giak diventano creature di carne e ossa pronte a menare le mani con violenza inaudita.

A seconda del livello di gioco le cose si fanno più o meno difficili, ma in generale per sferrare un attacco la rapidità nello smanettare, da un’arma a una boccetta, e financo giostrare con una Disciplina Ramas (ma sì proprio la Guerra come lo Psicolaser, come si faceva ai bei tempi) diventa fondamentale.

Perché i nemici non restano a guardare a oltranza: se LS tergiversa, non potrà far altro che prendersi un doloroso fendente.

Colpi speciali o in serie, schivate o parate pretendono l’abilità di azzeccare un QTE, quick time event, prova di abilità richiesta dal gioco che può consistere in uno slide, un movimento rotatorio, un caricamento di un’arma battendo o clickando più volte sullo schermo, tutto questo con un semplice dito purché nel giusto tempismo. Finita la zuffa, a patto di uscirne vivi, il clima si rasserena un attimo e si riprende la lettura, o meglio la scrittura, della propria storia.

Dato da non sottovalutare: se si muore, ed è tremendamente facile morire, si può ritentare il combattimento fatale sine die, tornare al check point precedente, invocare l’aiuto del dio Kai che renderà più facile l’impresa o mollare tutto e ricominciare da capo. Anche questo poter “barare” legalizzato, in fondo, è l’ennesimo omaggio ai vecchi librogame e una chance utile che rende più godibile e giocabile il prodotto.

Poco altro da dire. Una figata, da prolungare a piacimento acquistando il pacchetto intero comprendente i capitoli 1, 2, 3 e 4 a prezzo non popolare ma accettabile, nella speranza che non resti solo un esperimento isolato. La provocazione? Il volume 32 gran finale della serie, quando uscirà, su carta ma anche con questo innovativo e gargantuesco media.

Longevità 7.5: 

La storia è indiscutibilmente lineare, anche perché il mezzo è sperimentale e sarebbe difficile da gestire diversamente, ma dopo l’ennesima morte infame per mano di Giak sicuramente verrà voglia di riprovarci e la volontà di scoprire altri meccanismi renderà le cose più attraenti.

Difficoltà 7: 

Quando uscì il gioco nel 2013 era troppo difficile, una patch lo rese troppo facile, adesso a livello Normale sembra aver trovato il giusto equilibrio: si soffre, si muore, ma si può fare.

Giocabilità 8: 

Il meccanismo abbisogna di un po’ di allenamento per essere pienamente compreso, e soprattutto chi non è habitué di questi giochi nell’ansia della battaglia nelle prime occasioni rischia di premere tasti a caso o di non poter fare altro che rimanere a prenderle. Ma dopo un paio di sganassoni le cose cominciano a funzionare.

Chicca: 

Lupo Solitario ha gli occhi azzurri che di più non si può, guarda caso proprio come quelli del lupo che incontra a inizio avventura e magari tornerà a incrociare poi... Strano per chi è abituato a considerarlo un personaggio senza volto, o meglio con quello che la propria immaginazione gli giustappone. La chicca reale diventa, così, la Spada del Sole di Sommerlund, baluginante quanto basta soprattutto a contrasto dello scenario nevoso e dell’atmosfera di corruzione provocata dai Giak, e siamo appena all’inizio...

Totale 8: 

Grande resa più grandi margini di miglioramento uguale grandissime potenzialità, non sarebbe male se la coppia DeVere-Lazzari tornasse a spingere anche su queste ibridazioni dell’opera di Joe.