Giovani lettori nei panni di John Watson (aspettando Holmes)
Mondadori torna nel mondo della narrativa interattiva, che aveva abbandonato da più di 20 anni, e lo fa proponendo addirittura una nuova collana di genere investigativo.
Elementare Watson! con tanto di punto esclamativo si candida a essere uno dei nuovi punti di riferimento tra i libri-gioco pensati per un pubblico giovane, addirittura preadolescente nelle intenzioni del colosso editoriale di Segrate.
La collana fa parte del catalogo Mondadori Ragazzi dagli inizi di novembre 2018, e a oggi è composta da un unico volume, Il Fantasma di Lord Byron, l’oggetto di questa recensione. Nelle intenzioni dei produttori dovrebbero arrivare molti altri capitoli della serie: il secondo è previsto per la fine di gennaio 2019.
In tutta la saga vestiremo i panni di un giovane John Hamish Watson (che compare anche come autore dell’opera), appena giunto dall’Australia in Inghilterra e fermamente intenzionato a farsi una posizione nella chiusa, diffidente e dai tratti snob società inglese dell’epoca vittoriana. Nel Fantasma John è da pochi mesi studente nel collegio di Harrow, nei pressi di Londra, e sta ancora faticando ad ambientarsi e conoscere degli amici. Condivide una stanza nel dormitorio con il fratello H., con cui ha un rapporto conflittuale e degli scherzi pesanti del quale è spesso vittima. Non ama particolarmente lo studio, ma è consapevole che dovrà necessariamente darsi da fare se vuole avere qualche speranza di farsi una posizione.
Un professore in particolare, Fitzpatrick, insegnante di storia, sembra intravedere più degli altri le potenzialità del futuro medico e lo prende sotto la sua ala protettrice. Dopo pochi capitoli però il nostro mentore viene ritrovato morto nella sezione botanica della biblioteca: Scotland Yard interverrà subito ostentando una certa incapacità. Toccherà a noi, con l’aiuto del nostro goffo (ma molto colto) sodale Percy e della giovane e graziosa figlia della cuoca, Bess, cercare di venire a capo del mistero.
La narrazione è proposta con un taglio diaristico: il libro infatti viene presentato come il diario di gioventù di Watson e ha anche, a livello fisico, l’aspetto di un’agenda. La copertina rigida e sgargiante, le pagine molto leggere e dall’aspetto usurato, le note scritte ai bordi delle stesse con caratteri corsivi che simulano la calligrafia di John aiutano il lettore a immedesimarsi nei panni del celebre compagno di Holmes e sono prova dell’ottimo lavoro di confezionamento svolto.
Il titolo è suddiviso in circa 100 capitoli, piuttosto lunghetti. Alcuni arriveranno anche alle 6 o 7 pagine. La parte narrativa quindi è preponderante, e il lettore avrà molto da memorizzare, come è normale che accada in un’avventura dalle tinte investigative. Alla fine di quasi ogni paragrafo dovremo compiere una scelta che condizionerà il prosieguo della vicenda.
Talvolta ci capiterà di imbatterci in dei disegni che ci riproporranno mappe, ambienti o stanze. Tali illustrazioni celano alcuni indizi: dovremo esaminarle attentamente e poi andare a leggere, nell’appendice a fine tomo, cosa nascondono le parti più interessanti del luogo rappresentato. Sarà piuttosto semplice individuarle perché saranno identificate da un codice numerico composto da 4 cifre. Raccogliere gli indizi in questione ci servirà per farci un’idea di come si siano svolti i fatti. Per risolvere il caso sarà fondamentale rispondere, prima della fine della storia, a tre domande: chi ha ucciso il professore? Perché lo ha fatto? Quale mezzo ha usato?
Il classico terzetto colpevole, movente, arma del delitto che è alla base di quasi tutti i giochi investigativi della storia. Va da sé che un approccio simile potrebbe portare alla creazione di titoli piuttosto complicati, anche considerando la mole, non certo particolarmente snella, del volume, che nasconde al suo interno un gran numero di informazioni.
Per mantenere il prodotto sufficientemente semplice e renderlo quindi adatto a un pubblico molto giovane Mondadori è ricorsa a due escamotage. Primo: ogni volta che ci imbatteremo in un passaggio chiave, dei rimandi importanti, un’informazione capitale, le annotazioni di Watson scritte in corsivo ai bordi delle pagine provvederanno a sottolineare come sia fondamentale per noi memorizzare quel dato fatto o addirittura annotarlo in una delle pagine bianche disponibili alla fine del volume e pensate appositamente per espletare la funzione di block-notes.
Un escamotage semplice e piuttosto intelligente, che ci consente di non perderci praticamente alcun momento rilevante senza essere costretti a impegnarci in serrate sessioni analitiche alla ricerca dell’indizio mancante. Secondo: compiendo le scelte giuste e agendo con intelligenza il nostro alter-ego memorizzerà “automaticamente” gli indizi necessari per procedere con l’indagine e la trama si evolverà dando per scontato che il lettore sia a conoscenza, o abbia in certi casi dedotto, le informazioni necessarie per affrontare la situazione e sciogliere il mistero. Non saremo quindi chiamati, come per esempio accadeva nella storica collana Sherlock Holmes della EL, a dover radunare quanto raccolto a un certo punto della narrazione e formulare un’accusa da sorreggere poi con prove evidenti. Semplicemente, se agiremo correttamente, alla fine della vicenda inchioderemo il colpevole e risolveremo il caso.
Esistono diversi finali, alcuni più positivi di altri: sarà possibile mancare l’epilogo completamente vincente anche dopo aver praticamente risolto il caso. Potrà capitare per esempio che il colpevole possa riuscire a scappare e saremo costretti a sperare nella polizia per riuscire ad acciuffarlo.
Ci sono anche conclusioni negative, in cui abbandoneremo le indagini per dedicarci ad altro, o commetteremo errori talmente evidenti da perdere il bandolo della matassa e non essere più in grado di andare avanti. Non esistono però evoluzioni tragiche: Watson non può morire (ed è anche logico che sia così, visto che le storie sono precedenti a quelle che vivrà nella veste di braccio destro di Sherlock Holmes) e in qualunque situazione ci si imbatta ci sarà sempre almeno un risvolto positivo, legato alla crescita del dottore e alla sua futura folgorante carriera in campo medico.
È probabile che si sia optato per una simile risoluzione anche per trasmettere un messaggio positivo e incoraggiante al giovane pubblico di riferimento: il risultato, seppur piuttosto edulcorato, non è spiacevole. Il comparto grafico del volume, nella sua semplicità, è ben congegnato. Le illustrazioni di Andrea Cavallini sono schiette e chiare, e fanno bene il loro dovere. Osservandole è piuttosto facile cogliere gli indizi e mantengono uno stile coerente con il taglio diaristico dell’opera.
I principali difetti: l’approccio lineare e la decisione di abbandonare ogni velleità deduttiva, seppur rendono la lettura del libro molto semplice, lasciano un po’ di amaro in bocca all’utente adulto, che sente la mancanza di una sfida più impegnativa e ha la sensazione di essere stato “defraudato” della parte più divertente dell’opera. Credo tuttavia che in Mondadori fossero perfettamente consapevoli di questo nel momento in cui hanno deciso di strutturare il libro in un certo modo. Ritengo inoltre che sia stato deciso scientemente di sacrificare la possibilità di renderlo accattivante per il popolo dei lettori “vecchia scuola” sull’altare della volontà di assicurarsi le simpatie (e i desideri di acquisto) di un pubblico assai più giovane.
È una scelta che ci può stare. Meno comprensibile il tentativo di chiarire come vanno “lette” le illustrazioni (e il conseguente meccanismo delle appendici a fine libro) nel generico prologo a firma John Watson. Il lettore medio potrebbe anche saltarlo (non si ha la sensazione che sia imprescindibile) e inoltre la spiegazione è inserita in mezzo a una serie di considerazioni di altro genere che tendono a rendere il tutto molto dispersivo. Una piccola pagina inziale di introduzione al gioco andrebbe aggiunta, seppur l’opera non sia caratterizzata da regole vere e proprie.
Rivedrei anche il meccanismo dei rimandi, che puntano al capitolo e non alla pagina. Alcuni paragrafi sono molto lunghi, e spesso ci si trova a sfogliare il libro impiegando un lasso di tempo piuttosto importante per scovare il punto in cui prosegue la narrazione. Non è un problema capitale, ma è fastidioso, e sistemarlo con indicazioni più puntuali non dovrebbe essere troppo arduo.
Complessivamente mi sento di promuovere con convinzione Il Fantasma di Lord Byron. Tenendo presente il pubblico di riferimento ci troviamo di fronte a un’avventura frizzante, sapientemente costruita, molto ben raccontata (dal pool di autori che si cela dietro lo pseudonimo John Hamish Watson), in grado di stimolare e spingere a una lettura divertente e spensierata ragazzi giovani e meno giovani. Non credo, vista la struttura importante dell’opera (composta da più di 300 pagine) e le velleità investigative alla base della stessa che il titolo sia facilmente gestibile dal target di riferimento dichiarato (8-10 anni). Lo trovo però perfetto per ragazzi delle scuole medie; credo inoltre che possa essere un ottimo regalo di Natale per giovani adolescenti amanti del genere giallo e delle vicende ammantate di mistero, con delitti da risolvere.
Longevità 7.5:
Il libro è massiccio e leggerlo tutto fino a raggiungere l’epilogo vincente non sarà faccenda rapida. Se poi vi prende la voglia di esplorare ogni possibile diramazione e scovare tutti i possibili finali potreste passarci sopra anche diversi giorni. In ogni caso il pubblico preadolescente a cui il titolo è destinato avrà di che sbizzarrirsi per un bel po’.
Difficoltà 6.5:
Volutamente tarata verso il basso. Probabilmente il libro sarà considerato troppo semplice anche dai ragazzi più svegli. Però si rilegge con piacere e in questo modo non risulterà frustrante per quelli molto giovani o meno propensi a dinamiche investigative. Complessivamente una scelta, se non totalmente condivisibile, certamente comprensibile.
Giocabilità 8:
Non ci sono regole particolari, però gli elementi proposti sono molto stimolanti per dei giovani ragazzi. Bisogna raccogliere gli indizi, appuntarli tra le note, osservare le illustrazioni, collegare i rimandi delle stesse e impiegarli per proseguire con la storia. E infine scoprire il colpevole. Poco da dire, tutto l’apparato risulta essere decisamente divertente.
Chicca:
A metà circa della narrazione l’ispettore Connelly di Scotland Yard chiama a supporto un giovane aiuto-ispettore di belle speranze, che si dimostra fin da subito piuttosto ottuso e non particolarmente disposto al confronto. Scopriremo con una certa meraviglia e una piccola fitta di piacere il suo nome: Gregory Lestrade.
Totale 7.5:
Leggendo Il Fantasma di Lord Byron è facile cogliere tutta la cura, l’impegno e l’esperienza che sono stati riversati su questo prodotto. Che risulta inoltre essere piacevole e divertente. Tenete ben presente qual è il target di riferimento: se fa al caso vostro procuratevene una copia e ne rimarrete soddisfatti.
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