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I toni di grigio di un barbaro
Dal mitico Conan al pessimo Rupert, la letteratura abbonda di eroi barbarici: figure stereotipate di colossi umani che, con un equipaggiamento minimale, una spada e basta, e un vestiario ancora più striminzito, affrontano scenari infernali e polari, bestie e assassini, stregoni e tiranni, uccidendo a destra e a manca e mettendo le mani su tesori sconfinati e lubriche principesse.
Ma che cosa succede quando l’eroe in questione è vecchio e cadente, i capelli fluenti sono grigi e ormai radi, la pancia ha coperto i muscoli e a essere spaccati in due sono inoffensivi ciocchi di legna piuttosto che mortali nemici? È la domanda cui prova a rispondere Daniele Daccò, sceneggiatore e scrittore, nel suo librogame d’esordio “Il barbaro grigio”, edito da No Lands, che è anche il nome dell’ambientazione prescelta per questa storia, figlia di lunghe campagne di gioco di ruolo.
Come già in altre opere quali Dagon di Officina Meningi e Tu sei Deadpool di Panini, la veste grafica di copertina strizza l’occhio agli appassionati storici, riprendendo, stavolta in modo sfrontato, le fascette della EL rivisitate quanto basta: il colore, inevitabile il grigio visto il titolo, invade tutta la costa in una soluzione abbastanza elegante.
Evocativa anche la copertina, che contiene tutti i colori necessari: il bianco della neve, il grigio già descritto del protagonista e il rosso di uno dei personaggi più importanti dell’avventura, la principessa Viola.
Proprio quest’ultima è il motore scatenante della vicenda. Il barbaro, il cui nome non viene mai citato, riceve una richiesta di aiuto dalla regina Ardesia, che lui stesso aveva salvato vent’anni prima entrando letteralmente dentro la pancia di un mostro. Figlia di lei, e, si viene presto a sapere, anche di lui, la principessa Viola deve essere salvata e perciò, volente o nolente, il canuto eroe non può che accettare l’ultima missione.
Sembra un film già visto, ma la situazione si dimostrerà un po’ più complessa, con importanti rovesciamenti di ruoli e scoperte rivelatrici che porteranno l’eroe a dover rivedere i suoi punti di vista per imbroccare la strada giusta e dividere nel modo migliore i buoni dai cattivi, salvando i primi e falciando gli altri con la sua fedele ascia.
È un librogame divertente, ma anche spigoloso, quello di Daccò, del quale bisogna prima capire la chiave di lettura per poterlo poi affrontare in maniera più naturale. La narrazione è fluida, agevolata anche da un sistema di gioco praticamente inesistente: viene richiesto un dado da 12 per giocare, alla maniera dei giocoruolisti, ma l’utilizzo è sporadico e serve solo a determinare la sorte, anche nei combattimenti, spesso con rapporti fifty-fifty tra successo e fallimento.
Non manca la possibilità di trovare oggetti o acquisire parole chiave che fungono da check per sbloccare situazioni positive e negative, risolvere combattimenti, scampare da morte certa o, viceversa, finire nei pasticci.
La peculiarità più interessante è, comunque, quella del “guardare tra le pagine” offerto dall’autore. Come viene spiegato in avvio, si tratta di un’opzione per “barare legalmente” a disposizione del lettore che, pigro o semplicemente incerto, voglia avere un aiutino alle prese con un bivio decisivo, una scelta criptica, una strategia incerta.
E se, soprattutto in principio, il meccanismo sembra un po’ quello del primissimo Sesto Senso di Lupo Solitario, “a sinistra c’è un pericolo quindi vai direttamente a destra”, la feature via via si evolve in una sorta di partita a tre tra il protagonista, il lettore e lo stesso autore. Metanarrazione à gogo, che può portare perfino a imbroccare un surreale percorso parallelo e alternativo di gioco, con esiti imprevedibili.
Apprezzabile la scelta, che sfrutta appieno i ben 350 paragrafi (più uno...), di rendere l’avventura esitabile con più approcci, presentando due diverse leggende, dando la possibilità di distruggere due differenti manufatti, approdando in due modi antitetici al castello di Ardesia e affrontando lo scontro finale subito o dopo un qualche tempo.
L’edizione è ottimamente confezionata e arricchita in modo decisivo dalle pregevoli illustrazioni di Melissa Spandri, promossa di fatto coautrice in copertina.
Un peccato qualche topica a livello di refusi, senz’altro evitabile in un prodotto professionale e sintomo di una fase di editing probabilmente sbrigativa per farcela in tempo per Lucca Comics 2018 dove, a causa della peculiarità multidisciplinare del suo editore, il prodotto era disponibile nella centralissima area Comics, ma lontano dal padiglione Games e dagli altri “colleghi” librigioco.
Nel complesso, comunque, un’avventura godibile e con alcune interessanti peculiarità, che non mancherà di coinvolgere una buona gamma di lettori, prima di ritrovarsi di nuovo a spaccar legna, quasi come nulla fosse accaduto, sfoggiando una nuova cicatrice che poi è “il marchio di chi vuole conquistare il mondo”.
Longevità 7.5:
Come anticipato, la presenza di più strade per approdare al traguardo concede il lusso di una seconda e più letture successive. L’interattività è alta e ci sono spesso più modi, proficui o nefasti, di fare qualcosa prima di ricongiungersi agli snodi principali.
Difficoltà 7:
È molto difficile rimetterci le penne, pur rimanendo aderenti al regolamento. Qualche lancio di dado può mettere in crisi, in alcuni paragrafi si perdono punti di vita, ma giusto in un paio di instant death la sfida è davvero ostica: per il resto si conclude l’avventura sovente sul velluto.
Giocabilità 7:
Il sistema di gioco ridotto all’osso se ne sta sullo sfondo, lasciando campo libero alla fantasia e alla sfrenatezza di barbari. Il gioco non ne risente e permette di godersi la parte narrativa con tutte le sue sfumature.
Chicca:
La vecchiaia del protagonista è un tema su cui l’autore calca più e più volte la mano, bravo anche a porsi nella mentalità di un vetusto brontolone. Ma quando il barbaro grigio ha l’opportunità di tornare giovane, più o meno in sogno, e rivivere la vigoria perduta con la sua Ardesia, è proprio l’amata regina a riportarlo sulla retta via, ricordandogli le sue nuove responsabilità di padre nei confronti di Viola e facendogli capire, in sintesi, che il passato è passato. A quel punto il lettore può ancora scegliere: se ha capito la lezione e vuole aiutare il barbaro, può dirigersi al paragrafo successivo, “altrimenti smetti di leggere e chiudi il libro”.
Totale 7.5:
Un esordio incoraggiante che bisogna auspicarsi possa preludere a nuovi seguiti della collana denominata “Sangue Inchiostro”: o con la stessa ambientazione, che lascia sognare gelide distese e torbide insidie, o perché no, con lo stesso protagonista, che si fa amare per il suo essere tanto burbero e violento quanto puro e coraggioso.
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