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Turista fai da te, no true path, a caccia di lucertole
Affrontare un Fighting Fantasy lineare, senza neanche il minimo accenno di mappa, senza uno strettissimo true path, senza il rischio di rimanere bloccati al penultimo paragrafo, è un po’ come prendersi una vacanza. E proprio in vacanza dalla serie di avventure a caccia di mostri e tesori è il protagonista di questo volume di Ian Livingstone, uno dei “classici” ambientati nell’universo di Titan e, in particolare, nel continente di Allansia.
Un’avventura godibile e ben fatta, che svolge onestamente il suo compito di divertire e mettere alla prova il lettore, senza ergersi a capolavoro ma comunque con numerosi punti di eccellenza e anche qualche vetta insospettabile in avvio di lirica e di epica.
Teatro della vicenda è l’Isola del Fuoco, governata dallo spietato Re Lucertola, entrambi elementi che danno il titolo al volume. Al riparo della ex ingovernabile colonia penale di cui ha assunto il comando, tra esperimenti genetici e addirittura riti voodoo, il tiranno affligge la tranquilla e vicina Baia delle Ostriche, sereno villaggio di pescatori e meta vacanziera dell’eroe solitario senza nome, con frequenti incursioni e rapimenti di giovani da impiegare come forza lavoro nelle sue miniere.
Stavolta non ci sono tesori promessi e la gloria è solo teorica. La missione quasi impossibile, in compagnia dell’amico Mungo, è infiltrarsi, liberare gli ostaggi e togliere di mezzo il despota mettendo fine alla sua tirannia. Hai detto niente.
Come si diceva in avvio, la peculiarità che balza quasi subito all’occhio di questo librogame è la struttura lineare in piena contrapposizione ai tomi precedenti sia dello stesso autore sia del suo partner Steve Jackson. Non mancano bivi secchi, al solito senza indizi, che chiedono di scegliere un cammino piuttosto che un altro, oppure ballottaggi laconici tra dirigersi a destra o a sinistra. Ma quale che sia la mossa successiva, presto o tardi si finirà per ricongiungersi al successivo degli snodi obbligatori congegnati da Livingstone per portare avanti l’esplorazione dell’isola.
Questo da un lato restituisce certezze e serenità di godersi la storia più che la geografia agli amanti, appunto, della struttura lineare; dall’altro, dopo pagine e pagine di esplorazioni di mappe di segrete, torri e foreste che uno si deve faticosamente costruire (o comodamente scaricare) per trovare la via giusta, magari quell’unica via, questa architettura strania un po’ e fa quasi rimpiangere il perverso giochino “tradizionale” che peraltro tornerà in molti volumi seguenti.
D’altronde l’intera avventura si basa sul climax, costruzione che giustifica questo tipo di scelta. Sebbene l’inizio sia subito col botto, la tensione poi si affloscia e ricomincia a salire gradualmente, man mano che ci si avvicina alla resa dei conti con il tiranno rettile. In principio, si scopre subito, era un semplice uomo lucertola come tanti altri che ora governa. Qualcosa ha fatto esplodere la sua leadership e, soprattutto, reso immortale. Sulle origini di questo potenziamento sarà bene indagare.
C’è, quindi, tutto un avvicinamento al duello finale con l’opportunità di investigare concessa dall’autore, che dissemina una serie di indizi sul come prepararsi al meglio per affrontare un duello che, in condizioni normali e senza qualche trucchetto, vedrebbe soccombere qualsiasi sfidante contro il Re, in apparenza invulnerabile.
Il dato piacevole è che queste intuizioni migliorano la situazione del protagonista, che può ritrovarsi ad affrontare un “lucertolone” con Abilità variabile da 6 a 12 a seconda di quanto sarà stato bravo e fortunato a equipaggiarsi; ma al tempo stesso, mancare alcune delle tappe non conduce alla batosta di una instant death a un passo dal traguardo, come sarebbe lecito attendersi: rende “solo” più difficile il compito, anche attraverso malus, ma la possibilità di acquisire gli strumenti giusti e cavarsela comunque viene concessa davvero fino al penultimo passo prima del baratro.
Migliorano il clima generale il dolore sincero che l’eroe accusa dinanzi a perdite importanti nonché il coraggio e l’animosità degli ostaggi elfi, nani e umani che vengono via via tirati fuori dalle loro prigioni e sfidano i perfidi uomini lucertola per la pelle e la libertà.
La differenza di ambientazione rispetto a quelle fin qui affrontate seppur nello stesso continente conduce a imbattersi in amici e nemici del tutto differenti, molto più esotici da quelli prevedibili in un fantasy. Non manca qualche nano od orco qui e lì, ma relegati a semplici comparse, mossa che aumenta ancora di più la sensazione citata in avvio di una parentesi vacanziera, seppur imbracciando la spada.
Se gira male ai dadi il libro potrà risultare anche molto difficile, va evidenziato, con continui combattimenti con avversari anche di livello, una certa scarsità di provviste e un tambureggiante ricorso alle prove di fortuna che potrebbero finire per snervare il lettore moderno e non rendono giustizia a una trama funzionante e a un meccanismo oliato.
Longevità 6.5:
La linearità della narrazione riduce la possibilità di ulteriori partite, che però vale comunque la pena giocare sia se si fallisce qualche snodo decisivo, sia in caso di successo al primo colpo, per esplorare qualche anfratto rimasto nascosto.
Difficoltà 7.5:
I combattimenti sono molti e affatto scontati, e spesso, tra l’altro, non portano a nulla tanto che la fuga è opzione da non disdegnare. Le prove di fortuna sono a un paragrafo sì e all’altro pure, da mangiare in giro ce n’è poco.
Giocabilità 7:
Al netto delle asperità evidenziate sopra, la vicenda scorre che è un piacere e l’assenza di mappa abbinata al classico sistema di gioco essenziale aiuta a godersi appieno la vicenda.
Chicca:
L’autore cita nel corso dell’avventura due sue altre opere classiche dei primordi di Ff: la “Città dei Ladri” Port Blacksand e il “Labirinto della Morte”: due riferimenti che il lettore EL dell’epoca non poteva cogliere, essendo quei titoli giunti in Italia solo decenni dopo grazie alla meritoria opera traduttrice degli utenti di Librogame’s Land.
Totale 7:
Livingstone doveva essere di buon umore per scrivere un libro del genere, non sapremo mai il perché ma già che c’è tanto vale goderselo perché la sua benevolenza tornerà prestissimo a rarefarsi.
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