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A briglia sciolta nelle Terre leggendarie
Un mondo aperto, che può essere giocato in piena libertà e senza direzione, diviso su più libri, ognuno con una sua peculiarità geografica e una blanda continuity orizzontale, con la possibilità di saltare dall’uno all’altro in qualsiasi momento e fare quello che si vuole ovunque si vuole. È questo il concetto cardine di Fabled Lands-Terre Leggendarie di Dave Morris e Jamie Thomson, uscita nel Regno Unito in piena crisi del librogame, a metà degli anni Novanta, e portata in Italia da Edizioni Librarsi oltre vent’anni dopo, al contrario in pieno “Rinascimento”.
Poter fare ciò che si vuole è il principale pregio-difetto di un open world: una dinamica che suonerà piuttosto familiare ai giocatori di ruolo e agli amanti dei videogame che hanno la medesima concezione. Strania, invece, un po’, gli amanti del libro oltre del game, che alle dinamiche interattive preferiscono comunque vedere abbinata una trama forte, con momenti epici e perché no, lirici, e la giusta valorizzazione dei passaggi decisivi piuttosto che una scarna prosa di servizio.
Qui la trama c’è, ma essendo “Il regno lacerato” solo un capitolo della storia, per di più introduttivo, non ci sarà affatto la possibilità di arrivare alla conclusione: non mancherà, comunque, la chance di segnare almeno un paio di passaggi chiave della storia, scegliendo in modo abbastanza radicale come schierare il proprio personaggio tra i due gruppi di potere in lotta. In più ci si potrà sbizzarrire in una lunga serie di missioni collaterali, più o meno realizzabili, che costituiscono il vero “sale” di un gioco congegnato in questa maniera.
A essere lacerato è il regno di Sokara, da una lotta interna tra il legittimo erede al trono, Nergan Corin, e il generale Grieve Marlock, autore di un golpe di successo che gli ha consentito al prezzo di vittime e distruzioni di spodestare il sovrano precedente e prendere il potere. In questo territorio infido si muove il protagonista avventuriero, che può essere connotato da sei abilità che faranno di lui un monaco, un mago, un guerriero, un fuorilegge, un cantastorie o un viandante.
Con lo zaino e le tasche semivuote, all’inizio non potrà che darsi all’esplorazione. Girando per le città e i villaggi viene fuori la straordinaria libertà di movimento, a volte tale da risultare disorientante, concessa dall’opera di Morris. Non mancheranno templi dove ottenere doni e imbastire preziosi punti di rinascita dalla morte, mercati per acquistare e vendere prodotti, gilde dove depositare e perfino investire denaro, taverne da cui apprendere loschi segreti, esplorazioni peculiari delle zone urbane, di giorno o di notte, che daranno il La ad avvenimenti quasi sempre pericolosi.
Situazioni vissute, incontri fatti, missioni accettate e compiute porteranno il lettore a dover barrare una casellina accanto al numero di paragrafo, variabile che farà mutare le condizioni in bene o in male al prossimo approdo da quelle parti: soluzione intelligente per evitare fastidiosi deja-vu, dato che in un open world spesso e volentieri inevitabilmente ci si trova a tornare sui propri passi anche più volte.
In più, una volta guadagnati i primi quattrini portando a termine qualche missione accessoria, il protagonista potrà strutturarsi e rafforzare le sue finanze: investendo nel mattone, ossia comprando una o più case da usare come rifugio e magazzino, e acquistando una o più navi, con cui muoversi verso nuove avventure, ma anche da usare per trasportare merci da un lato all’altro della mappa, cercando di sfuggire ai pirati e guadagnando la differenza sui posti di miglior differenza tra prezzo di acquisto e di vendita a seconda delle categorie: per pura ipotesi, si potrebbe anche trascorrere un’intera partita facendo solo e soltanto il mercante. O addirittura il pirata!
Oltre a crescere come patrimonio mobile e immobile, il personaggio potrà anche salire di livello, ma sì proprio come in un classico gdr, guadagnando punteggi e capacità ulteriori che andranno a spianare la strada nei libri successivi, tarati, a detta dell’autore, in modo da far aumentare gradatamente la difficoltà e per questo bisognosi di un protagonista che si sia in precedenza ben costruito nei meandri già giocati ed esplorati.
Da buon fantasy, non mancano passaggi più di genere come lande sconfinate e maledette, fiumi e laghi infestati, rovine permeate di magiche atmosfere, mostri, draghi, fantasmi, impostori e furfanti di ogni sorta. Una porzione di mondo che si potrà davvero esplorare metro per metro, fino ad arrivare ai “confini” di questa mappa, là dove ci saranno dei bivi che portano sì a un altro paragrafo, ma di un altro libro. E quindi l’avventura potrà continuare solo se lo si possiede, in caso contrario è inevitabile tornare indietro e imboccare un altro percorso.
E la storia principale? In questo primo volume si ha, comunque, la possibilità di incontrare tanto l’aspirante re Nergan quanto l’usurpatore Grieve e suo fratello Marloes. Da entrambi i lati si potrà ricevere (e accettare, o meno) la proposta di un “lavoretto”: uccidere il principale esponente della fazione avversa. Come si vede è una scelta di campo importante, che una volta compiuta nell’uno o nell’altro senso, pregiudicherà, ma solo in parte, le future possibilità e muterà comunque gli scenari della guerra.
Quello che stride agli amanti della letteratura oltre che del gioco è che, qualunque missione si scelga, una volta eseguita il testo la liquida alla stregua della qualunque uccisione di un anonimo brigante per la strada. Il principale, ma non l’unico esempio di quanto in quest’opera la scrittura sia solo un mezzo per portare avanti le dinamiche ludiche, di qui il rimando abbastanza palese, voluto e pacifico al mondo dei giochi.
Al tirar delle somme, un’opera che consente di passare più di qualche ora (e volendola esplorare a fondo, anche giorni) di svago, con un sistema di gioco ben oliato ma, sia chiaro, è fortemente influenzato dalla componente della sorte (dadi ovunque), e una componente narrativa difficilmente in grado di lasciare il segno a fronte di una storia già sentita, per carità, ma comunque bene impostata.
Longevità 8.5:
Sconfinata. Pensare di esplorare questo libro al 100% è un’utopia per la mole di ambienti, personaggi e situazioni davvero incredibile. Si potrà pensare di aver conquistato una visione relativamente completa dell’opera, prima di scoprire l’ennesimo pertugio non esplorato, l’ulteriore pezzetto di storia ancora da scoprire.
Difficoltà 7.5:
Data soprattutto dal lancio dadi, che ritorna sistematico a ogni prova di abilità e a ogni combattimento, con l’aggiunta dei propri punteggi per superare le soglie. Un lancio nefasto difficilmente porterà alla morte, ma farà perdersi situazioni e traguardi sfiziosi: il che porta i più smaliziati, alla lunga, inevitabilmente a baracchiare un po’ qua e un po’ là.
Giocabilità 7.5:
L’esplorazione è resa facilitata dai bivi, dalle parole chiave, dal meccanismo delle caselline e difficilmente si ingripperà il motore di gioco, improntato alla semplicità appunto del funzionamento e alla godibilità, permettendo di concentrarsi sulla narrazione, che però come detto è un po’ scarna.
Chicca:
Una delle prime missioni consente di scendere nelle fogne a caccia dei poco invitanti uomini-ratto. L’enigma sul dove trovare il loro sovrano è talmente elementare e malposto da far sorridere, tanto quanto il prevedibile e rocambolesco sviluppo della trama se ci si ostina a ignorare l’ovvio e seguire il percorso sbagliato, ritrovandosi a essere ospiti “per cena” degli stessi uomini-ratto.
Totale 7.5:
Una bella opera prima di una serie che ha un concept geniale, il poter saltare da un libro all’altro in qualsiasi modo, esplorando un mondo praticamente senza confini. Si spera che la qualità narrativa e anche un po’ il pathos possano crescere nei numeri successivi, dandole anche il connotato letterario che in fin dei conti meriterebbe. In attesa che i 12 volumi siano completi e arrivi la sospirata parola fine.
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