Cerca nel sito

Il Sondaggione!!

Qual è il tuo genere di librogame preferito, pensando a un ipotetico titolo inedito di prossima uscita?

Recensione

La Terra di Mezzo 1: Una Spia a Isengard
Edizione EL 1991
autore/i Terry Kevin Amthor
Recensore Dragan

Come Holmes nella Terra di Mezzo

Lancia i dadi e aggiungi bonus; riporta gli Indizi; se ne hai abbastanza, o se hai quelli giusti, alla fine hai risolto il caso. No, non è Sherlock Holmes, ma qualcosa di tremendamente simile in uno scenario completamente diverso.

È una vera e propria indagine nella Terra di Mezzo, infatti, l’esordio dell’omonimo, primo volume della collana portata in Italia da Edizioni EL a partire dal 1991, e realizzata nel Regno Unito da Iron Crown Enterprises. Guarda caso lo stesso editore degli Sherlock Holmes Solo Mysteries, ma che a questa serie gemella doveva tenerci un po’ di più, tanto da aver preteso la citazione con logo perfino nella quarta di copertina.

Approcciarsi a questo librogame senza aver mai letto o visto nulla di John Tolkien potrebbe spaventare, la sensazione di sgomento aumentata nelle prime pagine dalla vista di una mappa a esagoni e della pianta di una torre, entrambe piene di codicilli, che non lasciano presagire nulla di buono. Ma è tutta apparenza, e il diavolo proverbialmente non risulterà così brutto come dipinto.

La trama è estremamente semplice e viene, in modo del tutto inopinato, spoilerata tanto in copertina quanto nel prologo. Il potente mago Saruman, capo dell’ordine di categoria, nonché del Consiglio Bianco, da qualche tempo, conviene citare testualmente dalla retro cover per capire la dabbenaggine, “si comporta in modo ambiguo: possibile che nella sua mente si annidi il germe del tradimento?”. Sì, accidenti, è esattamente così, e in un paio di battute l’unico elemento sorpresa della storia è già andato a farsi benedire.

Una volta avuto la “soffiata” sul più che probabile (facciamo certo) tradimento, al lettore non resta che trovare le prove per poterlo affermare, e un alleato a cui andarlo a spifferare. Le spie a Isengard, così, rispetto al titolo raddoppiano e diventano due: uno è proprio Saruman, colluso con il peggior antagonista di questo mondo che si possa immaginare, ma con il quale il protagonista può perfino parlare in un memorabile cameo, che potrebbe risultare anche fatale se si sarà malaccorti o sfortunati.

L’altra “gola profonda” è proprio il protagonista, che cercherà in tutti i modi di trasmettere l’informazione alla Regina degli Elfi Galadriel, abbastanza potente da accogliere il traditore e poter fronteggiare Saruman nel migliore dei modi. Forse, in realtà, dato che il seguito di questa storia non verrà mai raccontato, almeno in Italia: gli altri tre volumi importati dei 13 complessivi della saga inglese sono di tutt’altri autori e parlano di tutt’altro, tutti autoconclusivi.

L’operazione indagine-fuga- delazione dei segreti di Saruman è articolata, ma non certo impossibile da eseguire, in un’avventura tutta tarata su una difficoltà medio-bassa, specialmente se giocata con il sistema di gestione del personaggio elementare, il più basico tra i ben tre messi a disposizione.

Assecondando gusti da giocatore piuttosto che da semplice lettore, difatti, si può salire di approfondimento e grado di dettaglio, adottando la formazione di un personaggio con regole complesse, nel secondo livello di difficoltà (che introduce una variabile importante, quella del tempo che passa di paragrafo in paragrafo), o addirittura direttamente usando quelle ancora più estese del gioco di ruolo vero e proprio.

Ma una domanda in tal senso appare più che lecita: perché affannarsi a scendere in profondità nella creazione del personaggio, indulgendo alle dinamiche composite da gdr, quando poi quel personaggio verrà usato una e una sola volta, mietendo senza pietà uno dei fondamentali meccanismi del gdr stesso, l’evoluzione del proprio beniamino da usare in più avventure di livelli e difficoltà crescenti?

Quale che sia la scelta sul regolamento, l’indagine comincia e ci si trova a indagare sulla controversa figura del maestro, esplorando i recessi più segreti e protetti della torre di Orthanc, fino ad aver raccolto ogni indizio possibile e dare inizio alla fuga. E qui si torna alle mappe in apparenza tanto sconcertanti citate in avvio.

Per quel che concerne la torre, ci si sposta attraverso scale e ambienti, ognuno contraddistinto da un codice lettera + numero, che corrisponde a un paragrafo dell’apposita sezione di localizzazioni degli interni. Una volta usciti allo scoperto nella piana di Isengard, invece, i luoghi diventano esagoni su cui ci si può muovere, tutti contraddistinti (al contrario) da numero + lettera, che pure corrispondono a un paragrafo della parte di localizzazione come ovvio degli esterni.

Dai luoghi ci si muove verso altri luoghi oppure si dà il via all’azione, andando a leggere la parte più squisitamente narrativa, formata dai tipici paragrafi tutti di tre cifre (altro legame con Holmes). Un meccanismo luoghi-azioni molto simile a quanto già visto negli Horror Classic, che come in quel caso spezzetta un po’ la narrazione saltando qui e là, ma comunque è più fluido qui che nelle opere di Herbie Brennan.

La raccolta degli Indizi contrassegnati da lettere maiuscole, in particolare di almeno uno tra i tre che possono essere presentati alternativamente per concludere con pieno successo l’avventura, è tutt’altro che difficile. A patto, e qui torniamo a “certi” Holmes, di avere fortuna ai dadi ottenendo punteggi alti e superando la soglia richiesta anche grazie all’aggiunta dei bonus qualitativi. In caso di malasorte nei lanci, invece, si arriverà al rendez-vous con la regina solo con banali sospetti.

Poco male, tuttavia, perché con somma delusione, anche presentandosi senza uno straccio di prova, l’avventura finirà ugualmente in positivo, senza nessuno che esorti a riprendere da capo e indagare meglio, come almeno si peritava di fare il più celebre investigatore del mondo con gli aspiranti ma maldestri detective!

A fronte di un percorso che la logica vuole lineare, va evidenziata la grande varietà di modi per arrivarci. Già detto dei tre indizi possibili ognuno dei quali è sufficiente da solo per certificare la congiura di Saruman, a seconda delle proprie azioni e della sorte si potrà incontrare anche più volte il proprio maestro tradito e traditore, oppure no; si potrà essere scoperti, oppure no; catturati e uccisi, oppure no.

Si potrà raggiungere Galadriel incontrandone in tre possibili punti diversi della mappa l’emissario, e per quanto riguarda quest’ultimo gli si potrà salvare la vita, abbandonarlo agli sgherri di Saruman o addirittura volendo si potrà uccidere il proprio salvatore e scegliere canali alternativi per arrivare nel Regno degli Elfi. Tra un esagono e l’altro si potranno fare molteplici incontri, quasi sempre brutti, e incontrare la morte in modi molto disparati.

I combattimenti (confronto di punteggi e lancio dadi con consunzione della propria salute in base ai danni) possono essere tantissimi ma saltando nelle caselle giuste e svignandosela con i dadi è tutt’altro che impossibile concludere (in trionfo!) l’avventura senza avere mai neanche snudato l’arma.

Come si vede una grande ricchezza, ma in larga parte “sprecata” perché molto bendiddio narrativo si trova in caselle ben lontane dall’itinerario più rapido che viene in mente di seguire per raggiungere i luoghi dell’incontro con il proprio contatto.

Una varietà che, comunque, attenua l’ineluttabile percorso previsto invece dall’autore nella sua avventura. Una rigidità tale che, sempre muovendosi da un esagono all’altro, si può tornare indietro in direzione della Torre da cui in teoria si deve fuggire, e dove non si può in alcun modo rientrare. Ma pure se assurdamente si punta decisi verso Orthanc, la narrazione sarà sempre rivolta verso la direzione opposta, dando un’idea di grande confusione come se si camminasse all’indietro e girati di spalle, fino a finire in bocca al nemico se si insiste a voler procedere nel verso sbagliato.

Longevità 7: 

La trama è unica e lineare, ma le diramazioni per percorrerla sono moltissime. Val la pena, aiutandosi con i punti fermi costituiti dai paragrafi di localizzazione, giocare più volte la stessa tappa per vedere che cosa succede, di bene e di male, con un diverso lancio dadi o una scelta differente dal primo passaggio.

Difficoltà 6.5: 

Con il sistema di regole base è veramente difficile non venire a capo dell’avventura, non avendo il fattore tempo sulle spalle e potendo eludere più che facilmente anche i combattimenti. Diverso è se si adottano le regole complesse e magari si parte lancia in resta contro tutto e tutti. Anche peggio va se si sfida all’arma bianca lo stesso Saruman, che ha 80 di Resistenza (e bonus di attacco e difesa proporzionati à la Kimah) rispetto ai 10 di un orchetto qualsiasi.

Giocabilità 7: 

Le mappe a esagoni, i codicilli e la divisione in due sezioni di luoghi e una di narrazione possono spaventare in avvio, ma perfino il più candido amante delle mere avventure testuali senza neanche un numero e un lancio, con un po’ di buona volontà, potrà domare questo sistema di gioco e godere con fluidità di questa storia.

Chicca: 

“In questo librogame sono descritti pericoli, situazioni e posti che incontri durante le tue avventure”, si legge in principio della descrizione del sistema di gioco. Già sentito? È lo stesso, identico incipit degli Sherlock Holmes. E proprio come negli Holmes, su 14 Indizi dalla A alla N che vengono scalettati nel registro, nel corso dell’avventura se ne possono trovare solo dieci, quattro restano in bianco.

Totale 7: 

Al momento di tracciare il bilancio, un’opera classica che accusa il peso degli anni ma mostra delle peculiarità nel sistema di gioco che sicuramente incuriosiscono, ha un family feeling con gli investigativi canonici che non può che far piacere e introduce in punta di piedi nelle oceaniche vastità dell’universo creato da Tolkien, fungendo da primo e gustoso assaggio.