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Sono passati quarant’anni dalla pubblicazione de The Warlock of Firetop Mountain, il primo volume della collana Fighting Fantasy, nonché primo librogame per come lo intendiamo noi. Scritto a quattro mani da Steve Jackson e Ian Livingstone della Game Workshop, il successo di questo libricino è stato tale da aver dato il via ad un intero genere letterario – seppur di nicchia – e da essere il librogame che vanta più edizioni al mondo. La “trama” de Lo Stregone della Montagna Infuocata altro non è che un pretesto per entrare subito nell’azione, e si nota come i due autori non vi abbiano prestato particolare attenzione. Sebbene in copertina ci venga ricordato, come sempre, che l’eroe siamo noi, c’è davvero poco di eroico nella nostra missione. Siamo infatti intenzionati a intrufolarci nel cuore della Montagna Infuocata, regno assoluto del misterioso Stregone, e a fare nostro il tesoro da lui accumulato nel corso degli anni. A dirla tutta, non c’è nulla di eroico in tutto ciò, anzi, sembriamo noi i “cattivi” della situazione! Lo Stregone è senza dubbio un personaggio pericoloso da cui è meglio stare alla larga, e ci sono sgradevoli voci sul suo conto (alcune sono veri e propri indizi per l’avventura, altre false voci di contorno), ma non viene mai esplicitata alcuna minaccia diretta che provenga da lui. Tutta la sua backstory da “villain” (si scoprirà che lo Stregone si chiama Zagor ed era compagno di studi degli altri membri della Triade Demoniaca, Balthus Dire e Zharradan Marr) verrà sviluppata nel materiale del gioco di ruolo e nei successivi libri della serie. Il regolamento qui presente, che resterà l’ossatura di quasi ogni successivo volume, è molto semplice da padroneggiare e al tempo stesso permette numerose variazioni che verranno sfruttate nei numeri seguenti. In questo caso, disponiamo solo delle tre caratteristiche cardine di Fighting Fantasy: l’Abilità, la Resistenza e la Fortuna. Completano le regole di questo primo volume le Provviste e le Pozioni, il cui utilizzo e quantità varia da un libro all’altro: in questo caso, partiremo con 10 Provviste (ciascuna in grado di ripristinare 4 punti di Resistenza), che in questo libro potranno essere però consumate solo quando il testo ce ne darà la possibilità, e una Pozione a scelta tra le 3 proposte che ci permette di ripristinare interamente una caratteristica a scelta (in questo caso, la Pozione contiene ben 2 dosi!) Se riusciremo a mettere da parte la morale traballante del nostro personaggio, potremo iniziare la nostra avventura all’interno della Montagna Infuocata. Ci renderemo presto conto di come il librogame non sia altro che l’incarnazione vera e propria del più classico EUMATE anni ‘80: ovvero, dell’archetipo di avventura che si può sintetizzare secondo le direttive, Entra, Uccidi il Mostro, Arraffa il Tesoro ed Esci (che, incidentalmente, è anche la “storia” di questo primo libro!). I primi avversari che incontreremo difficilmente ci impensieriranno, dato che si tratta di Goblin e Orchi con punteggi di “carne da cannone”. Proseguendo nelle viscere della montagna, incontreremo nemici via via più pericolosi, come Ciclopi e Minotauri: i punteggi a due cifre sono riservati a questi nemici, veri e propri miniboss. In questo primissimo libro, infatti, è vera più che mai la frase secondo la quale è possibile raggiungere la vittoria anche se i nostri punteggi Iniziali sono bassi. Ovviamente, un personaggio con bassa Abilità si trova sempre in difficoltà nei combattimenti, ma almeno in questo caso, grazie al ridotto numero di Tenta la Fortuna obbligatori e ai numerosi punti di Fortuna che si possono recuperare, l’uso della Fortuna in combattimento è davvero possibile. Sfortunatamente, tale dichiarazione d’intenti verrà spesso disattesa nel prosieguo della serie, già da qui a pochi volumi. Ci sono anche un paio di oggetti dei quali viene detto esplicitamente che aumentano o la nostra Abilità iniziale o la nostra Forza d’Attacco, contribuendo sostanzialmente a migliorare le nostre possibilità. Anche questa è una regola che sembra essere stata poi dimenticata da numerosi autori! La prima parte della montagna è quella realizzata da Livingstone, e ne contiene tutti gli stilemi. Opzioni molto basilari (apri la porta o prosegui?), l’impossibilità di tornare sui propri passi e, quindi, l’esistenza di un solo percorso che permetta di ottenere gli oggetti necessari alla vittoria. Dopo una prima sezione obbligata, le alternative si estendono e i bivi che ci vengono presentati aumentano. Come sempre, almeno alla prima giocata, le scelte dovranno però essere prese alla cieca, dato che non abbiamo alcun indizio su come proseguire nell’impresa. La seconda parte, ad opera di Jackson, si presenta più complessa, occupata in larga parte dal diabolico labirinto di Zagor, dove passaggi segreti e teletrasporti rendono impossibile uscirne senza disegnare una mappa. Nel labirinto è anche possibile in battersi in alcuni personaggi con i quali avere una rudimentale conversazione, dando l’impressione che ci sia almeno una sorta di organizzazione tra i ranghi dello Stregone. Già in questo primo libro, sono presenti alternative per evitare di affrontare i nemici finali, usando gli oggetti recuperati; qui le opzioni sono molto semplici, ma verranno usate meglio già nel successivo volume secondo. Lo Stregone è, tuttavia, nulla più che un altro ostacolo al nostro vero obiettivo, cioè il suo tesoro. Diabolico, quindi, il colpo di scena: anche se dovessimo superare lo Stregone e il suo “animale da guardia”, non per questo avremo vinto! Sarà necessario avere trovato le 3 chiavi corrette fra quelle disseminate nei corridoi per raggiungere il paragrafo di vittoria; se non ci saremo riusciti, non avremo altra scelta che ricominciare l’avventura. E’ ovvio che tale espediente non è altro che un “artifizio” per inserire una rigiocabilità forzata in quella che è un’avventura tutto sommato semplice da terminare, ma è decisamente una scelta più onesta degli espedienti che verranno usati nei successivi libri: una sfilza di difficili combattimenti obbligati, o un numero di lanci di dado contrario a ogni statistica. Persino le istant death scarseggiano in questo librogame: vi sono solo 3 o 4 paragrafi di morte, e non sono neppure instant, a dirla tutta! Proprio questa sua onestà è la caratteristica migliore di questo librogame. Lo Stregone della Montagna Infuocata è innegabilmente un librogame ingenuo, basta vedere cosa si nasconde all’interno del dungeon. Negozi di candele, giocatori d’azzardo, goblin e orchi, accanto a nocchieri e scheletri maestri d’ascia. E’ ovvio che non c’è quasi alcuna logica in questo susseguirsi di incontri (siamo lontani anni luce dalla fortezza di Ruel di Lupo Solitario, ad esempio), ma con un po’ di sospensione di incredulità – e se si ricorda l’età di questo librogame – non lo si può non apprezzare, almeno un poco. La trama è inesistente, il dungeon stesso poco originale, gli avversari banali, ma come base per i successivi sviluppi, Lo Stregone della Montagna Infuocata è un ottimo inizio. Tutti i presupposti affermati nelle regole e nelle introduzioni sono veritieri e rispettati, i combattimenti tutti abbordabili, nessun assurdo lancio di dado, pochissimi oggetti necessari per la vittoria, morti istantanee centellinate. Se tutti questi aspetti fossero stati mantenuti nel resto della serie – concentrandosi su trame coerenti e articolate, e con trovate di gameplay innovative ma oneste – invece di venire ben presto sostituiti da una ingiustificata cattiveria nei confronti del giocatore, Fighting Fantasy sarebbe stata sicuramente una fra le migliori serie di librigame, invece di essere solo la più longeva.
Longevità 7:
Superare il librogame con successo richiederà obbligatoriamente più di una lettura, a meno che si conosca la strada a memoria: infatti si potrà ottenere la vittoria solo se si avranno ottenuto 3 chiavi, da scegliere alla cieca tra un numero anche maggiore. Si capisce come tale espediente abbia l’unico scopo di creare una rigiocabilità “artefatta”, ma nella sua ingenuità è comunque onesto.
Difficoltà 8:
Come detto, la difficoltà principale è quella di ottenere le 3 chiavi corrette. Sul famigerato true path, una volta tanto vi sono solo alcuni combattimenti impegnativi, ma abbordabili ; per il resto i nemici sono assolutamente alla portata di chiunque o evitabili con il giusto oggetto. E’ uno dei pochi librigame di Fighting Fantasy in cui è vero che si può vincere anche con bassi punteggi iniziali.
Giocabilità 7:
Il sistema di gioco, grande innovazione del tempo, è semplice quanto basta. Il fatto di poter usare le Provviste solo in dati momenti aggiunge una minuscola componente strategica, aumentata anche dall’effettiva possibilità dell’uso della Fortuna in combattimento. Vi sono sicure ingenuità, come la possibilità di non poter tornare sui propri passi e il labirinto, inutilmente complesso, ma tutto sommato il librogame funziona bene.
Chicca:
All’interno della montagna è possibile trovare una magia contro il fuoco del drago, che recita più o meno così: “Ekil erif, ekam erif, erif erif”. Queste parole apparentemente incomprensibili non sono altro che le seguenti frasi al contrario: “Like fire, make fire, fire fire”.
Totale 8:
Volente o nolente, The Warlock of Firetop Mountain è il padre (ormai il nonno) dei librogame per come li concepiamo noi. Indubbiamente grande novità al tempo, non si può dire in tutta onestà che sia invecchiato benissimo, se paragonato alle stupefacenti innovazioni nel genere dei librigame a cui gli ultimi anni ci hanno abituato. Tuttavia, guardare a questo librogame con gli occhi del presente sarebbe ingiusto: visto per quello che è, il prototipo di un nuovo genere, il primo dei Fighting Fantasy ha immediati meriti che lo rendono anche superiore a numerosi dei titoli successivi.
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