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ATTENZIONE: RECENSIONE BASATA SUL LIBRO ORIGINALE INGLESE E NON SULLA TRADUZIONE ITALIANA
Legends of Skyfall 1 – Monsters of the Marsh (edito dalla EL come Skyfall 1 – I Mostri della Palude) si presenta nelle intenzioni come un “advanced fantasy gamebook”. É chiaro, infatti, come l’autore David Tant intendesse proporlo come alternativa alla serie di librogame allora dominante, ovvero Fighting Fantasy. L’approccio al librogame non potrebbe essere più diverso da quello della famosa collana: invece di uno stretto true path su un percorso “a rotaie” che permette di muoversi solo in avanti, Monsters of the Marsh concede al lettore grande libertà su come muoversi nella struttura a mappa aperta del librogame – forse anche troppa libertà. L’introduzione ci racconta di come il pianeta di Skyfall è un pianeta ancora selvaggio, ricco di verdi foreste incontaminate ed inesplorate. É stato colonizzato dai sopravvissuti di una nave spaziale fuggita da una Terra morente e precipitata su Skyfall (da qui il nome del pianeta) migliaia di anni fa. Tuttavia, per un motivo non meglio spiegato, gli abitanti di Skyfall hanno dimenticato la loro origine e fondato nuovi regni sul pianeta. Anche tutta la tecnologia terrestre è andata perduta, sostituita dalla magia. Skyfall è, inoltre, abitato da alcune razze indigene e non umane, ma assolutamente non originali: abbiamo infatti gli immancabili centauri, elfi, uomini lucertola, uomini rana… confrontate queste razze con quelle present in Tékumel (gioco di ruolo che condivide le premesse di Skyfall) per vedere come si creano razze aliene originali e credibili. Tutto questo per dire che, dopo l’introduzione, l’origine “fantascientifica” di Skyfall viene del tutto abbandonata, per presentarci un’avventura fantasy classica e priva di ogni originalità: non è neppure possibile parlare di “Sword and Planet”. A questo punto, tanto valeva limitarsi ad un’introduzione meno originale e presentare Skyfall come l’ennesimo mondo fantasy (a meno che nei successivi tre libri della collana vi siano degli accenni al passato “terrestre” degli abitanti). Il più importante fra gli stati di Skyfall è il regno di Delta. Il pianeta è privo di lune, di conseguenza non vi sono maree. Ciò ha permesso un traffico marittimo e fluviale regolare; quest’ultima è la principale modalità di spostamento nel regno di Delta, dove la città portuale di Starport è collegata alla capitale Tan-Delta dal fiume Doone e dai suoi affluenti, che formano una enorme palude, la Dunmarsh, solcata quotidianamente da chiatte commerciali e non. Di ritorno alla nostra casa di Starport, veniamo a sapere che negli ultimi mesi molte di queste chiatte sono scomparse senza lasciare traccia: tra queste, anche quella di nostro padre non ha fatto più ritorno, compreso il nostro genitore! Anche le spedizioni inviate per scoprire il mistero non hanno fatto più ritorno. La primissima parte del librogame ci permette di compiere alcune indagini che, all’apparenza, potrebbero facilitare la nostra ricerca del covo dei briganti, ma che in realtà sono del tutto superflue ed addirittura rischiose. Saltando la sezione a piè pari, non si perderà pertanto nulla di importante. Decideremo in ogni caso di prendere noi l’iniziativa e inizieremo l’esplorazione dell’enorme rete fluviale di Delta. La successiva parte del librogame, infatti, altro non è che alla cieca dei fiumi Doone, Sol e Luna, in cerca di qualsiasi indizio possa fare luce sul destino delle chiatte scomparse. Impossibile riuscirvi senza disegnare una mappa: fortunatamente le indicazioni sono date tramite punti cardinali, pertanto non dovrebbe essere difficile disegnare una mappa coerente (partendo da quella già presente nel librogame, utile come base da espandere aggiungendovi i dettagli). Man mano che ci troveremo ad esplorare canali, canaloni e canalini, però, ci accorgeremo di come gli incontri e le scoperte scarseggiano, mentre sono abbondanti i vicoli ciechi e le zone disabitate. Se amate mappare i vostri librogame, questa parte farà per voi: se cercate storia ed azione, questa sezione sarà decisamente noiosa. Durante l’esplorazione, poi, emergerà una grave svista da parte dell’autore: quest’ultimo si premura di indicare quante ore impiegheremo nel navigare lungo ogni tratto fluviale, con l’avvertimento che ogni quattordici ore dovremo obbligatoriamente riposarne dieci e nutrirci di un pasto giornaliero (cosa che ci farà guadagnare 4 punti di Vitality), ma non ci viene assolutamente detto cosa accade se non possiamo nutrirci. Durante l’avventura, potremmo ottenere una pozione magica che ci permetterà di proseguire per dieci giorni senza mangiare e bere, ma perdendo 1 punto di Vitality al giorno… da ciò si potrebbe dedurre che non mangiare ci faccia perdere almeno 2 punti di Vitality quotidiani, ma in mancanza di spiegazioni precise, non si può sapere di più. Tale grave mancanza rende del tutto inutile prendere nota del tempo che impieghiamo nella nostra navigazione, e rende meno impellente il bisogno di procacciarci del cibo, a meno che il giocatore più integerrimo si crei delle “house rules” che diano rilevanza alla gestione del cibo e del riposo. Una volta individuato il nostro obiettivo – cosa che accadrà quasi per caso, dato che non vi sono veri e propri indizi da recuperare nella palude – dovremo decidere come intrufolarci nel covo del nemico: un assalto frontale o poco ragionato non avrà risoluzione positiva (anche se l’autore è bravo a fare credere il contrario). É, infatti, essenziale per la riuscita del piano esplorare con attenzione anche l’ultima località, in modo da recuperare quanti più “potenziamenti” possibili: per portare a temine con successo il librogame, gli ultimi combattimenti devono essere conclusi in pochissimi round, cosa impossibile senza aver ottenuto il giusto equipaggiamento. Capire in generale quale sia la scelta migliore di fronte a un ostacolo non è sempre facilissimo, ma è anche vero che solitamente – come l’autore stesso dice nell’introduzione – sono presenti degli indizi che possono premiare il lettore più attento. Questo perché le possibilità di giungere ad una sconfitta sono numerose, anche senza andare a finire in combattimenti decisamente impossibili o poco meno. Una nota positiva è che superare i combattimenti più difficili del librogame ci vedrà premiati non solo con alcuni punti di Fortune, ma anche con un aumento della nostra Expertise, l’abilità in combattimento. Ciò renderà più facile superare gli scontri successivi… sempre a patto che si riesca a restare in vita, ovviamente. Personalmente insopportabile poi, la sensazione di deja vu presente in tutti i librogame a mappa non abbastanza avanzati da contenere check o parole chiave: dato che il lettore può tornare più volte sui propri passi, è demandato a quest’ultimo dover mantenere la coerenza interna del librogame, evitando di affrontare mostri già sconfitti o di recuperare oggetti già raccolti… insomma, non il massimo per un “Advanced Fantasy Gamebook”. In conclusione, Monsters of the Marsh si divide nettamente in due parti: una ad esplorazione libera (insuperabile senza disegnare una mappa) ed una finale che richiede alcuni passaggi obbligati per giungere alla vittoria. Se l’intenzione dell’autore era davvero quella di presentare un librogame assai diverso dai Fighting Fantasy, sicuramente ci è riuscito; ma i tempi morti, le regole mancanti e le numerose ingenuità di Monsters of the Marsh non permettono assolutamente al librogame di essere un’alternativa davvero valida.
Errata: - i par. 79 e 309 dovrebbero rimandare al 161 e non al 30; - i par. 115, 149 e 283 dovrebbero mandare al 383 e non al 306 (ma ininfluente); - il par. 186 dovrebbe mandare al 383 e non al 384; - i par. 123 e 350 dovrebbero rimandare al 30 e non al 161.
Longevità 7:
La durata di una partita varia molto in base a quanto presto riusciremo a trovare la via, pardon, il corso d’acqua giusto per raggiungere il covo dei nemici. Una volta esplorato il resto della palude ed essersi resi conto che è grosso modo inutile, non ci saranno però molti incentivi a cercare deviazioni.
Difficoltà 7:
La difficoltà è equilibrata, o meglio, lo è considerate le peculiarità del sistema di gioco. In particolare, il sistema di combattimento è impietoso per il giocatore sfortunato, pertanto sarà necessario evitare gli scontri superflui (moltissimi). Scegliere con attenzione ogni nostra mossa, solitamente, permette di superare senza troppi problemi le difficoltà.
Giocabilità 6:
Il maggiore problema da questo punto di vista è che nel volume manca la previsione di un effetto deleterio qualora non ci fermassimo a mangiare un pasto. In questo modo viene a mancare un aspetto gestionale che avrebbe costretto il giocatore a scegliere con attenzione come esplorare la palude, invece di avere praticamente via libera su come proseguire.
Chicca:
Alcuni degli incontri nell’immensa palude sono degni di nota, come quello di un gigante costretto a rivolgere indovinelli in rima ai passanti, nella speranza di poter infilare in una torta per divorarseli gli sfortunati che non rispondono correttamente; oppure quello delle arpie, mostruosi esseri metà donna e metà uccello che grazie al loro canto hanno la possibilità di farci credere di essere splendide sirene. Una instant death, inoltre, ci vedrà trasformati in un ferale licantropo ed è curiosamente una delle poche occasioni in cui viene rappresentato il personaggio giocante in un librogame (sebbene in questo caso irriconoscibile perché coperto di peli).
Totale 7:
Un librogame sicuramente particolare se confrontato con quelli della collana Fighting Fantasy. L’enorme mappa farà la gioia degli appassionati dell’esplorazione, ma purtroppo la noia e la ripetitività di una ricerca quasi alla cieca non tardano a farsi sentire, soprattutto accoppiata alla mancanza di un sistema di check che ci faccia bypassare i paragrafi già letti. Vale comunque la pena di leggere il librogame per provare qualcosa di diverso dal solito.
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