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Blood of the Zombies è senza dubbio un unicum nella sterminata produzione dei Fighting Fantasy, per diverse ragioni. La prima è il fatto che sia l’unico volume a non avere una numerazione “ufficiale”. Uscito nel 2012, durante la cosiddetta seconda edizione Wizards, Blood of the Zombies era il librogame pensato per il 30esimo anniversario della collana – non è un caso che all’interno del volume si sprechino le autocitazioni alla serie: probabilmente per questo motivo e risaltare maggiormente sugli scaffali, invece della copertina riservata al resto della serie (una sorta di “scudo” nel quale si intravedeva la copertina originale) si presentava con un’illustrazione intera. Inoltre, si trattava al tempo del primo librogame veramente nuovo scritto da Livingstone dopo anni dall’ultimo contributo (il precedente Eye of the Dragon era solo l’espansione di una vecchissima mini avventura). Ulteriore eccezione si ha anche nel fatto che si tratta dell’unica opera del corpus di Livingstone a non essere ambientata in Allansia, bensì sulla Terra contemporanea. Probabilmente, a giudicare dall’ambientazione e dal tema, Livingstone ha provato (senza successo, come vedremo) a replicare l’esperienza realizzata molti anni prima da Jackson con La Casa Infernale. Senza dubbio, il più grande distacco dal resto dei Fighting Fantasy è il drastico cambio del sistema di gioco. Niente più Abilità e Fortuna, la nostra unica caratteristica rimasta è quindi la Resistenza. Di conseguenza, anche le regole per il combattimento sono state ulteriormente semplificate. Ma procediamo con ordine. In una introduzione piuttosto verbosa e superflua, ci viene detto che siamo uno studente di mitologia (ma esiste questo corso di laurea?!) e che abbiamo viaggiato in lungo e in largo per l’Europa sulle tracce delle più famose leggende, per verificare se vi fosse o meno un fondo di verità. Purtroppo, non abbiamo mai trovato niente di niente. La nostra ultima pista ci ha portato in Romania, in un isolato paesino della Transilvania, dove secondo la leggenda potrebbe trovarsi l’ultimo luogo di sepoltura di un vampiro. Nella taverna locale, riusciamo ad avvicinare una guida del posto che ci assicura di conoscere il luogo che cerchiamo. Giunti a destinazione, ci rendiamo conto che si tratta di una banalissima tomba medievale: nessun vampiro qui. Usciti alla luce del sole, ci rendiamo conto di essere stati ingannati. Tre energumeni ci attendono e ci saltano addosso, legandoci, bendandoci e spingendoci su un’auto. Dopo diverse ore di viaggio, veniamo fatti scendere e condotti chissà dove, lungo rampe di scale che scendono in profondità sotto terra. Veniamo quindi incatenati al muro e, quando ci viene levata la benda, ci rendiamo conto di trovarci in quella che sembra proprio un’antica segreta sotterranea: ha così inizio la nostra triste prigionia, dove le giornate sono scandite solo dall’arrivo del nostro crudele carceriere Otto, che ci consegna il pasto, non senza prima prenderci a calci e infierire su di noi. Dopo una settimana di angherie, prima di indebolirci troppo, decidiamo di reagire e riusciamo a sopraffare Otto, rinchiudendolo nella nostra cella mentre noi fuggiamo, non prima di averlo costretto a confessare dove ci troviamo e perché siamo stati rapiti. Veniamo così a conoscenza di essere prigionieri nelle profondità del Goraya Castle, possedimento del ricco e completamente folle Gingrich Yurr, che intende creare un esercito di zombie con cui dominare il mondo! A quel punto, al nostro obiettivo di riuscire a fuggire se ne aggiunge un altro: quello di eliminare gli zombie e sventare il diabolico piano di Yurr. Come anticipato, il sistema di gioco di Blood of the Zombies è ulteriormente semplificato rispetto al già agile regolamento di Fighting Fantasy. La nostra unica caratteristica è la Resistenza, pari in questo caso al lancio di 2d6+20. Durante il gioco, avremo la possibilità di recuperare la versione moderna delle provviste, i Med Kit, che svolgono la medesima funzione, cioè quella di farci riguadagnare 4 punti di Resistenza. Piccola nota: rispetto a quanto viene detto negli altri Fighting Fantasy, qui non viene specificato se la nostra Resistenza possa o meno superare il suo livello iniziale (tuttavia, la versione digitale dei Tin Man Games segue la regola standard secondo cui il nostro livello iniziale di Resistenza non puoi mai essere superato). Niente Abilità e niente Fortuna, come detto. Data la mancanza di Abilità, anche le regole del combattimento sono diverse. Invece di avversari singoli, i nemici che affronteremo saranno solitamente un nutrito gruppo di zombie, ciascuno con 1 solo punto di Resistenza. Per affrontare uno scontro, ci basterà lanciare un numero di dadi pari al danno della nostra arma (se saremo disarmati, sarà pari a 1d6-3). Per ogni punto di danno così inflitto, avremo eliminato un avversario. Subiremo poi automaticamente 1 danno (salvo eccezioni) per ogni avversario ancora in vita. Al turno seguente, lanceremo di nuovo i dadi come prescritto dalla nostra arma, eliminando i relativi avversari e subendo eventuali danni, e così via sino ad avere fatto fuori tutti i nostri nemici. Come si vede, un sistema ancora più semplice del solito, ma – come si vedrà nel prosieguo – gestito anche peggio. Data la mancanza della Fortuna, non saranno più presenti i Tenta la Fortuna che caratterizzano la serie. Quando spetterà al fato decidere, basterà lanciare 1d6 e seguire le istruzioni a seconda del risultato: una soluzione, quindi, che aumenta ancora di più l’incidenza del caso sulla nostra avventura. Come detto, ogni arma ha un “danno” diverso. Si va dalle armi da corpo a corpo alle armi da fuoco: per usare queste ultime, però, sono necessarie le relative munizioni. Nessuna complessità da questo punto di vista: esistono solo due tipologie di munizioni, i proiettili (per pistole e mitragliatori) e le cartucce (per i fucili). Non c’è neppure bisogno di tenere traccia delle munizioni usate: una volta trovata una scatola, si dà per scontato che questa duri per tutto il librogame. Armi speciali sono poi le granate: queste ultime fanno un danno pari a 2d6+1, e possono essere usate quando ci viene offerta l’opzione dal testo o prima di ogni combattimento. Segnalo una cattiva gestione da questo punto di vista dell’app, dato che dopo avere lanciato la granata, si subiscono i danni di un normale round da combattimento. In questo modo, una volta recuperata l’arma migliore (che fa un danno di 2d6+5) l’uso delle granate non richiesto dal testo diventa assolutamente inutile. Ovviamente, l’uso delle granate è in realtà pensato per fornire un attacco “gratuito” con cui aprire gli scontri. Ultima nota: il regolamento ci avvisa di tenere un attento conto di quanti zombie finiremo per fare fuori… chi conosca Livingstone può avere già intuito quale diabolica idea abbia partorito. Ciò detto, il regolamento sarà anche molto diverso dai precedenti, ma tutti gli ingredienti che nel corso degli anni ci hanno permesso di riconoscere ad occhi chiusi un librogame di Ian Livingstone, sono presenti anche in questo libro. Per cominciare, il percorso che siamo costretti a seguire nell’esplorazione del castello è estremamente lineare e sempre diretto in avanti, non ci saranno quindi possibilità di esplorare deviazioni significative o di tornare sui propri passi. La cosiddetta “lista della spesa” è sempre in agguato. Gli oggetti necessari per concludere l’avventura non sono nemmeno troppi, paragonati ad altri titoli, ma sono nascosti in mezzo ad un mare di cianfrusaglie che sapere cosa serva e cosa no è come sempre impossibile. Tanto vale portarsi appresso tutto quello che si trova, dato che non ci sono conseguenza negative per l’”ingombro”. Il true path, come sempre, è serratissimo e in questo caso anche molto lungo. Già non appena usciti dalla nostra cella, a seconda della scelta che compieremo, potremmo aver segnato la nostra sconfitta. Anche compiuta la scelta corretta, subito dopo dovremo scegliere fra un elenco di oggetti apparentemente inutili quale acquistare: se non sceglieremo l’oggetto corretto non avremo speranze di arrivare alla fine. Ma ciò non basta. Come si potrà intuire dall’avviso a tenere un conto preciso degli zombie che uccideremo, si capirà come – per ottenere un finale positivo – sia obbligatorio uccidere tutti gli zombie che infestano il castello, nessuno escluso! Sì, avete capito bene: basterà che un singolo zombie ci sfugga e non potremo ottenere la vittoria! Questo ci costringe ad una esplorazione “aggressiva” del castello. Dovremo per forza ficcanasare in ogni stanza, sotto ogni letto, dietro ogni porta, dentro ogni armadio cercando di trovare tutti gli zombie. E’ evidente come tale approccio causerà più volte la morte del lettore, fra trappole, cul de sac e semplici scontri impari. Per carità, nel gioco è possibile recuperare anche un foglio sul quale è scritto il numero totale di zombie, ma che questo sia sufficiente o meno ad assicurarsi la vittoria (contro l’esplicita richiesta del testo di eliminare tutti gli zombie) è davvero una questione filosofica. Molti recensori paragonano Blood of the Zombies ad avventure ludiche del genere survival horror del calibro di Silent Hill o Resident Evil, ma non sono d’accordo. In quel caso la nostra sopravvivenza è l’obiettivo primario, i nemici vanno evitati o affrontati cum grano salis e un approccio aggressivo spesso conduce alla sconfitta. In questo caso, invece, un contegno “conservativo” non ci porterà da nessuna parte. Proprio il fatto che dovremo abbattere ogni nemico, oltre al fatto di muoversi praticamente su binari, mi fanno accomunare questo titolo a sparatutto a rotaie, come House of the Dead e i suoi seguiti. Se gli aspetti negativi di Blood of the Zombies fossero tutti qui, si potrebbe ritenere tutto sommato un titolo godibile, sebbene con innegabili difetti. Un rigido true path (come quello de La Casa Infernale) potrebbe essere apprezzato da alcuni giocatori, del resto. Purtroppo, ciò che affossa definitivamente questo titolo è la pessima gestione del “nuovo” sistema di gioco. Verrebbe da supporre che un sistema di combattimento che elimina Abilità e Fortuna possa essere più facilmente bilanciato: niente di più sbagliato. Livingstone dimostra di non avere capito come funziona il sistema che lui stesso ha ideato, o semplicemente è una frana in matematica. Basterà il seguente esempio a chiarire come Blood of the Zombies – anche seguendo il percorso ottimale – può essere completato con successo solamente se ogni dado lanciato ottenga risultati da 4 in su. L’arma migliore che si può trovare ha un danno pari a 2d6+5. Durante il gioco, capiterà in diverse occasioni di affrontare gruppi di anche venti o più zombie. Ora, anche solo supponendo di ottenere il risultato più probabile ai dadi, ovvero 7, al primo round riusciremo ad uccidere 12 zombie. Il che significa che, di fronte a 20 zombie, ne rimangono in piedi 8 che ci infliggono pari danno. Considerando che la nostra Resistenza è pari a 2d6+20, si capisce che anche usando tutti i Med Kit recuperati, arrivare in fondo al libro con abbastanza punti Resistenza è un’impresa che solo i più fortunati potrebbero sperare di compiere (se ci si riesce, vale la pena di tentare la fortuna al Superenalotto). I problemi di Blood of the Zombies non sono tutti nel suo gameplay, comunque. La ripetitività delle situazioni (affronteremo centinaia di zombie), la monotonia dell’esplorazione del castello, l’assurdità del piano di Yurr (d’accordo, è matto come un cavallo, ma perché il suo piano prevede la propria trasformazione in zombie, quando è chiaro che questi siano completamente privi di coscienza e intelletto?) contribuiscono a rendere il libro un’esperienza molto poco sufficiente. E’ chiaro che questo volume sia stato un coraggiosissimo tentativo di modernizzare e semplificare Fighting Fantasy – non è un caso che sia uscito come app quasi insieme al cartaceo – ma senza avere riflettuto con attenzione su come fare. Non sorprende che la serie, nella successiva edizione Scholastic, sia ritornata alle origini, con il rodato regolamento e il famigliare scenario del mondo di Titan.
Per avere una possibilità di vittoria un briciolo più consistente, consiglio di applicare queste modifiche facilitate usate nella versione app della Tin Man Games. - La nostra Resistenza iniziale è pari 2d6+40. - 78: ci sono 3 granate nel forziere invece di 2. - 90: ci sono 2 Med Kit e 4 granate invece di 1 Med Kit e 2 granate. - 162: invece di 2 Mini Med Kit ci sono 2 Med Kit standard. - 178: ci sono 20 dollari invece di 15. - 181: ci sono 2 granate nella cassaforte invece di 1. - 208: ci sono 2 Med Kit nella valigia invece di 1. - 222: ci sono 2 Med Kit nella stanza di Amy invece di 1. - 235: ci sono 2 Med Kit nella lavanderia invece di 1. - 272: ci sono 2 Med Kit nella valigia invece di 1. - 329: nel negozio c’è un Med Kit a 3 dollari. - 351: ci sono 3 Med Kit nella stanza invece di 2. Le granate, nell’app, possono essere usate in ogni scontro tranne contro Zombie Kong e Yurr (ma, al contrario di quanto indicato nell’app, palesemente l’uso delle granate è quello di permettere un attacco “gratuito” all’inizio del combattimento, senza che il nemico possa contrattaccare). Le granate rimangono con noi anche nella parte finale, dopo che avremo perso la nostra borsa, dato che portiamo le granate agganciate alla cintura.
Longevità 6:
E’ lunga quanto è lunga la pazienza del giocatore nel voler ripetere la partita in cerca di tutti gli zombie. Tenuto poi conto che il true path per raggiungere il finale vittorioso del librogame è piuttosto lungo, ci vorrà diverso tempo per poter completare con successo il volume.
Difficoltà 3:
Assolutamente fuori scala. Se il true path di suo è già abbastanza ostico, se dover far fuori ogni singolo zombie è una richiesta assurda, è il sistema di combattimento (chiaramente mai testato) ad affossare completamente le realistiche possibilità di vittoria del giocatore.
Giocabilità 5:
Il sistema di gioco che prevede l’uso di una sola caratteristica avrebbe dovuto essere l’occasione perfetta di avere uno dei pochi Fighting Fantasy dove il caso non la fa da padrone. Incredibilmente, avviene l’esatto contrario: è necessaria una spaventosa dose di fortuna per avere successo.
Chicca:
Ci sono numerose autocitazioni alla serie Fighting Fantasy nel volume. Ad esempio, oltre all’immancabile cameo dell’autore Livingstone sotto forma di busto, è possibile trovare un biglietto di auguri per il 30esimo compleanno a un certo Zagor (il nome dello Stregone della Montagna Infuocata). Vale poi la pena citare anche il ‘disc 1 boss’, Zombie Kong, un enorme scimmione zombie chiara parodia di Donkey Kong, con tanto di ciuffone e cravatta d’ordinanza.
Totale 4:
Blood of the Zombies è originale per diversi motivi, dal sistema di gioco così diverso dal solito (tant’è che alcuni si chiedono addirittura se possa essere considerato un “vero” Fighting Fantasy) all’ambientazione nel nostro mondo moderno. Tuttavia, queste novità finiscono per essere sprecate in un librogame con il “classico” true path alla Livingstone, peggiorato da un sistema di combattimento pesantemente svantaggioso per il giocatore. Un vero insuccesso che, probabilmente, ha definitivamente convinto gli autori della serie a limitarsi alla vecchia ambientazione di Titan.
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