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Recensione

Dedalo Vincent Books 6: L'Odore della Pioggia
Edizione Vincent Books 2022
autore/i Matteo Zaggia
Recensore Dragan

Il profumo di una nuova generazione


Una trama fascinosa, anche perché lontana dalle consuete ambientazioni dei librogame; un sistema di gioco usabile e, al contempo, articolato; una indiscutibile ampiezza di percorsi, influenzati da un sistema complesso di variabili, che conducono con modi e tempi diversi a finali diversi lungo un filo conduttore lineare.

Questi gli elementi di forza di “L’odore della pioggia”, opera di esordio tra i “pro” di Matteo Zaggia, già messosi in luce come promessa del librogioco vincendo, nel 2022, il concorso dei Corti di Lgl. Anche se la vera “colonna portante” del volume è un’altra: quella di far interpretare al lettore non uno ma due protagonisti della storia, Nick e Anna, che si rimpallano il ruolo dell’antagonista in una specie di partita a scacchi, consentendo di far arrivare al successo l’uno, l’altra, oppure X, a seconda delle scelte buone e cattive compiute per conto di ciascuno.

Un romanzo a bivi decisamente intrigante, nato, lo racconta lo stesso autore nei ringraziamenti, come esperimento di più modeste dimensioni lanciato sul web durante il lockdown pandemico, quindi ampliato fino a diventare la filiazione numero 6 della collana Dedalo di Vincent Books.

Il contesto sembra tanto statunitense, di certo non è italico, ma i riferimenti sono ambigui perché siamo in una città immaginaria. Così come indistinta rimane l’epoca dei fatti, moderna ma non troppo. Per fare un esempio, di smartphone non si legge, di auricolari “vecchia scuola” sì, come non ci sono video su whatsapp, mentre abbondano le pellicole. L’atmosfera strizza un occhio ai noir alla Marlowe, ma più che detective privati qui ci sono in campo delle spie che lavorano per conto di una misteriosa Agenzia.

Anna fugge, il suo unico bagaglio costituito da un biglietto aereo verso la libertà e una busta piena di documenti compromettenti non specificati (il MacGuffin resterà tale, anche se qualche indizio lascerà intuire il plausibile contenuto); Nick la insegue, deciso a fare bella figura dopo una coda nel suo curriculum delle missioni svolte non troppo edificante. Il pallino del gioco passa dall’uno all’altra e l’autore si diverte a “barare” con il tempo, consentendo spesso di compiere l’azione che si deve affrontare attimi o minuti prima di quella che abbiamo appena giocato. Per rendere meno ingarbugliata tale alternanza, a ogni “switch” un diverso font segnala, a inizio paragrafo, quando, dove e chi sta giocando.

Proprio il tempo costituisce un fattore determinante: come detto, il ben fatto della fuggitiva o dell’inseguitore sposta a favore dell’una e dell’altro la lancetta della principale statistica da tenere in considerazione, il “Cronografo”: più si avvicina al valore 10, più la mora misteriosa corre il rischio di essere acciuffata; più la lancetta retrocede verso il valore -10, più il tenebroso occhialuto vede concretizzarsi lo spettro della fuga definitiva della sua preda.

Come giocare, naturalmente, è lasciato al lettore. L’autore è bravo a tratteggiare già dalle prime battute i caratteri di entrambi e sarà puramente arbitraria la decisione di far operare al meglio delle possibilità una delle due parti mentre l’altra con il freno a mano tirato, prendendo smaccatamente solo una posizione. Oppure ci si potrà dedicare con medesimo impegno a tutti e due gli interlocutori, con il corollario che, qualora si abbia intuito nelle scelte, la lancetta non correrà verso gli estremi ma tenderà a rimanere sempre appena sotto o sopra il valore mediano di zero.

Questo gioco del “cronografo” risulta determinante ai fini dell’avventura non solo perché, in caso di sbilanciamenti massicci, può causarne la fine anticipata per uno dei due; ma anche perché, una volta arrivati in fondo, sbloccherà diversi finali tanto per Nick quanto per Anna.

A influenzare gli esiti ci sono anche un altro paio di feature che aggiungono imprevedibilità al gioco e ai finali. In primis, un elenco grandi città del mondo da barrare, che funzionano esattamente come le parole in codice della gran parte dei romanzi interattivi del “Rinascimento” tranne che per una variante: hanno un doppio valore, ossia una keyword raccolta da Nick può essere utilizzata per un check, dalle conseguenze positive o meno, sia nei suoi confronti sia in quelli di Anna. Una finezza.

E poi ci sono i “Reperti”, dieci per la donna, sette per l’uomo, da segnare in base alle lettere dell’alfabeto, un po’ come gli indizi dei librigioco di Sherlock Holmes: identificano variazioni, anche qui buone o cattive, dello stato di salute e dell’aspetto della persona. Mutamenti capaci di variare il proprio “identikit” e facilitare (o rendere peggiori) le prestazioni intellettive e fisiche al punto da poter influenzare gli epiloghi. Ne viene fuori che, se si gioca “bene”, facendo del proprio meglio con entrambi i personaggi, questa statistica potrebbe rivelarsi sottoutilizzata. Il registro, pardon, il “Dossier riservato”, è concluso da un classico inventario di oggetti dall’impiego abituale.

La trama si dipana su tre location principali: l’hotel Orfeo Inn, sia in interni che in esterni, con spericolato inseguimento tra le vie della città battute dalla pioggia; la permanenza in ospedale, assai richiamante l’archetipo manzoniano della “notte degli imbrogli”; il gran finale in aeroporto, con la discesa in campo di nuovi e più pericolosi antagonisti e lo scioglimento della vicenda in tante, possibili conclusioni.

Il percorso di fondo, come si diceva, è lineare, con una messe di variazioni sul tema attraverso più reticoli di paragrafi che impressionano gli occhi di chi è abituato a “smontare” un librogame per vedere che cosa c’è dentro il motore; a uno sguardo attento, comunque, non sfugge neanche qualche “finto bivio”, che ingrossa il volume e consente sfumature narrative diverse, ma senza effetti concreti veri e propri sul gioco.

A livello narrativo spicca il ritmo sincopato del gioco, condotto sempre col fiatone da entrambi i fronti, e va considerata raffinata la scelta, frequente, di raccontare gli effetti di ciò che viene compiuto non semplicemente narrandolo, ma mostrandolo a posteriori dall’altro punto di vista, con numerosi “non detti” da cui evincere, per sottrazione, come è andata a finire l’ultima mossa.

E si giunge, così, ai finali, che sono ben sette, ma sostanzialmente quattordici visto che - anche in questo caso - ogni ending presenta un doppio punto di vista, di lui e di lei, e a volte perfino una lettura concatenata e alternata. A ognuno si può approdare per via diretta, e possono di fatto trasformarsi in instant death, oppure dopo un calcolo all’ultimo paragrafo, il 421, che mette sul piatto della bilancia i citati “Reperti”, positivi e negativi, di ognuno per calcolare come andrà a finire l’avventura.

***

Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio di quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.

Longevità 8: 

Temperata dal fatto che la trama lineare rivelerà, raggiunta la fine, sostanzialmente tutto, ma comunque alta sia perché i percorsi per snodarsi tra le varie tappe sono molti, sia perché resterà la voglia maledetta di giocare diversamente, di capirne di più, di saperne di più...

Difficoltà 8: 

Non è troppo difficile compiere le scelte giuste con un minimo di logica e di esperienza in prodotti di questo tipo, e non c’è neanche la sorte a sparigliare le carte. Non mancheranno, comunque, effetti a sorpresa di mosse all’apparenza più opportune rendendo il tutto non troppo scontato.

Giocabilità 9: 

Una dimostrazione eloquente che non occorre più un sistema di gioco oceanico per far carburare storie anche di grande complessità. Una lezione per chiunque voglia scrivere librogame nel 202X.

Chicca: 

Alla fine del libro un gustoso add-on, una mini avventura dell’autore di giochi Andrea Dado che consente di cimentarsi nella classica avventura fantasy del cavaliere errante ma da un punto di vista insolito, quello dei passi percorsi dall’eroe. Si segnala invece in negativo nella storia principale, ma d’altronde è peculiarità dell’intera collana, la totale assenza di illustrazioni all’altezza della qualità ludica e letteraria.

Totale 8.5: 

Senza dubbio un prodotto di eccellenza, exploit di una penna che sarà bene non perdere di vista. Zaggia non è certo un imberbe anagraficamente, eppure la conclusione della lettura restituisce un senso di appagamento e la coscienza chiara che sì, una nuova generazione di autori sta crescendo.