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Quando mi sono accostato a questo libro ho temuto di trovarmi davanti a qualcosa di troppo diretto per le mie letture abituali: devo dire che gli autori sono riusciti nell’impresa davvero ardua di conciliare un argomento estremamente duro e controverso con uno stile, tanto narrativo quanto ludico, capace di trattarlo con fermezza morale, ma anche con delicatezza e intelligenza.
Ma partiamo dall’inizio: partorito dalle mani e dalle menti di due volti ben noti nel giro Librogame’s Land, “Le Orme Rosse” è un titolo del 2023 di Plesio Editore e Lambda House. I nostri due autori sono Alberto Orsini (famoso principalmente per Inferno, ma anche per Fresco di Stampa, La Maschera di Celestino V ed per il geniale Sherblock) e Aldo Rovagnati (autore di Pier delle Vigne).
Le Orme Rosse ci immerge in uno spaccato di storia recente, relativamente poco noto e ben lontano da quella visione un po’ eroistica che abbiamo di tanti conflitti del passato più remoto: stiamo infatti parlando dell’Uganda degli anni ‘90. Vestiremo i panni di Sean Pelle, mercenario norvegese di invenzione, al servizio della (purtroppo) verissima Lord’s Resistance Army: questa organizzazione di guerriglieri, guidata dal fanatico religioso Joseph Kony, vuole instaurare in Uganda una teocrazia basata sulla visione deviata della bibbia promossa dal suo leader. Scopriremo immediatamente che anche il governo Ugandese ha il suo vantaggio nel mantenere alta la tensione e tenere accese le braci di una guerra tra poveri. I temi trattati da questo libro sono quindi la guerriglia, la tratta delle armi e della droga, degli esseri umani, la violenza sulla popolazione civile, l’abuso, il rastrellamento dei civili e la piaga dei bambini soldato. Ed il nostro protagonista sarà il motore di tutto questo.
Nonostante il tema estremamente delicato, il librogame riesce con maestria a parlare di questi argomenti mediante una serie di accorgimenti sia dal lato regolistico che stilistico. In un medium dove spesso si assiste alla presenza di regole focalizzate sul combattimento, questo librogame sulla guerra le esclude completamente, lasciando come unico discriminante le conseguenze delle scelte (spesso lasciate alla memoria, altro fil rouge, del giocatore): questa decisione sottolinea come qui la guerra sia ben lontana dalle narrazioni epiche, ma sia una cosa seria, fredda e imparziale, le cui vittime sono spesso civili che poco possono davanti a guerriglieri armati e senza scrupoli come Pelle.
La narrazione del libro è spaccata in due filoni affrontati in maniera non lineare: vivremo infatti i capitoli 6, 5 e 4, che ripercorrono a ritroso le vicende ugandesi, inframezzati dai capitoli 1, 2 e 3, ambientati invece durante un viaggio navale. La divisione in capitoli, ciascuno dei quali converge sempre allo stesso paragrafo finale (la struttura del librogame è infatti “a checkpoint”), permette sia di spezzare più comodamente la lettura che di muoversi agevolmente tra i paragrafi del capitolo, che sono concentrati nella stessa porzione del libro.
Le due metà del libro, che si intersecano e ci costringono a percorrere l’esperienza saltando avanti e indietro rispetto al normale ordine cronologico, mostrano due stili molto differenti: mentre nei capitolo 1-3 il librogame è scritto in una tradizionale seconda persona, riferendosi al lettore come se la sua coscienza fosse in qualche modo sovrapposta a quella del personaggio, i capitolo 6-4 sono invece in prima persona, come se fossero un diario del protagonista scritto in tempo reale. Questo secondo stile, dal quale trasuda anche il carattere del mercenario (che non lesina beffardi commenti sulle azioni più turpi), permette però al giocatore di creare un distacco empatico dal protagonista stesso, riducendo quel travaso emotivo caratteristico di alcuni giochi di ruolo (il cosiddetto “Bleed”) e rendendo l’esperienza più simile alla lettura di un epistolario, sul quale il giocatore è libero di dare un giudizio morale. E’ così che il librogame riesce a mettere in mano al giocatore scelte davvero tristi, come lo scegliere se attaccare una scuola o un ospedale: dove, nel caso di un librogame tradizionale, quello che verrebbe toccata è la coscienza del giocatore (che potrebbe, o meglio dovrebbe, essere umanamente portato a rifiutare entrambe le opzioni), qui si sceglie una o l’altra, magari tornando anche indietro, perché Sean avrebbe solo l’imbarazzo della scelta ed il lettore vuole capire la verità su ciò che sta accadendo.
D’altra parte, le vicende dei capitoli 1-3, pur mostrandosi più vicine alla classica esperienza libroludica e focalizzati sulla risoluzione di una misteriosa questione, non lesinano sul dipingere gli aspetti più negativi del protagonista: svolgono anzi, in un certo senso, il ruolo di “guida” a come il personaggio è fatto e come ci si aspetta che si comporti. Il libro infatti ci tiene a non cercare un lieto fine da fiaba: queste vicende, pur con altri protagonisti, sono infatti veramente accadute e ogni tentativo di deviare la storia su una prospettiva di redenzione del personaggio risulterà in un riavvolgimento del capitolo.
Longevità 7.5:
La struttura della storia è abbastanza canalizzata, e la divisione in capitoli spinge ulteriormente in questa direzione. Le varie opzioni portano normalmente a un fallimento oppure a una variazione sulla trama, ma che sul lungo termine si riallaccerà a un’esperienza più focalizzata sul narrare una specifica storia.
Difficoltà 8:
Le scelte del libro non sono mai banali: da una parte, possono mettere in difficoltà il lettore dal punto di vista emotivo, visto che il protagonista è lungi dall’essere un buon samaritano; dall’altro lato, però, Sean è un mercenario oculato e scelte troppo avventate in campo bellico potrebbero altresì metterlo nei guai. Dal punto di vista degli enigmi, poi, il gioco è sulla linea degli altri investigativi degli autori, cioè una certezza!
Giocabilità 9:
L’assenza di un regolamento vero e proprio non inficia affatto la giocabilità, anzi gli autori sono abili a far funzionare il gioco senza una pesante sovrastruttura regolistica. La struttura a capitoli, funzionale all’avventura, aiuta nel gestire sia le “pause” del gioco, sia i game over.
Chicca:
Lo svolgimento non lineare della storia, adattissimo alla vicenda, confonde volontariamente il lettore, costringendolo a pensare in modo non lineare.
Totale 8.5:
Il gioco riesce a mostrarsi oggettivo e crudo con la realtà della guerra riuscendo a calcare una sottile linea difficile da percorrere: da un lato, senza volgarità né spacconate, pur mostrando immagini terribili che viaggiano dallo spaccio e abuso di droga alla violenza umana che esplode nella strage; dall’altro lato, pur giocando alla grande con gli stili narrativi per far entrare e uscire il lettore dal personaggio ogni volta se ne trovi la necessità, il libro non si lascia andare a moralismi ed evita raccontare un’incomprensione o un disagio dietro chi perpetua queste violenze, ma dipinge eventi reali freddi e raccapriccianti coi quali il giocatore è costretto a confrontarsi. Il titolo riesce, così, a trascinare l’attenzione sulle misere esistenze della popolazione più povera di quest’angolo del mondo molto meglio di molti altri media e strumenti di comunicazione impegnati, ad esempio, nel raccogliere fondi.
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