Correva l’anno 1987 quando uscì per la prima volta “In cerca di fortuna”; quello che si considera il primo vero librogame italiano: la penna era di Andrea Angiolino, che già era e sarebbe ulteriormente divenuto uno dei designer più prolifici della storia italiana nel mondo dei giochi da tavoli, di ruolo e librigame (ma anche nell’enigmistica, trasmissioni ludiche radiofoniche, manualistica sui giochi…). Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti: il mondo dei librigame ha visto la sua età dell’oro e successiva decadenza, ma sotto le sue ceneri le braci continuavano ad ardere. Così, da circa dieci anni ormai, il cosiddetto “Rinascimento” dei librigame, accanto a titoli nuovi e dal design moderno, ha rispolverato molte delle vecchie glorie internazionali. Mancava però a questo appello il capostipite dei librogame tricolori: Plesio ha preso su di se questo compito affatto banale, e c’è riuscita con maestria, riuscendo a dare al titolo una veste rinnovata e una limatina ad alcuni passaggi meccanici, ma senza snaturare il progetto. La nuova versione del titoli contiene, inoltre, nuovi paragrafi che vanno ad ampliare il ventaglio di opzioni del gioco, sempre in maniera estremamente organica con l’edizione originale: ma le novità non finiscono qui, perché all’avventura principale si aggiungono un prequel e un sequel, storie brevi ma che aggiungono colore al mondo di gioco. Le due nuove storie affiancano al regolamento originale, basato sul tiro in voga durante l’età dell’oro, un sistema completamente deterministico a “parole chiave”, qui sostituite da una griglia di carte da gioco da segnare. La storia originale, poi, associa una narrazione spartana a una grande quantità di scelte d’azione: il sapore che ne esce è quello di una vasta libertà di movimento, più simile nell’indole a quella di un gioco di ruolo rispetto a quella di un romanzo a bivi. La casualità dei dadi, presente, è però mitigata dal fatto che, spesso, le scelte astute saranno ben più determinanti, permettendo di evitare del tutto i tiri o di aumentare molto le possibilità di vittoria (in puro stile “old school”). Si tratta quindi di un modo di giocare che non ha perso affatto il suo fascino, ma che rischiava di andare perduto sotto le altrettanto interessanti, ma spesso molto differenti, istanze delle ultime opere libroludiche.
Longevità 8:
L’avventura originale lascia moltissima libertà di movimento e troverete molte strade per la vittoria (o per la sconfitta!). Le due avventure extra aumentano ulteriormente la longevità del titolo.
Difficoltà 7.5:
L’avventura originale, così come le due extra, premiano un approccio astuto e misurato al gioco: i tiri di dado nella prima avventura possono decretare la vittoria e la sconfitta, ma vanno sempre in secondo piano rispetto alle decisioni.
Giocabilità 9:
La prima avventura lascia una grande libertà d’azione, permettendo di gestire equipaggiamento e movimenti del personaggio, nonché numerosi percorsi da affrontare verso la meta e alleati con i quali interagire. La seconda avventura poi propone un movimento su mappa, assieme a un sistema di carte-chiave usato anche nell’ultima avventura. Si tratta di sistemi di gioco molto pratici e che contemporaneamente, usando simboli del tutto neutrali, evitano l’effetto sorpresa: l’esperienza di gioco è quindi molto “ergonomica” ma contemporaneamente interessante e sfidante.
Chicca:
Il sequel “Una storia di campagna” mette il giocatore nei panni di un agricoltore nel mondo fantasy che cerca di sopravvivere alle sfortune del popolino con il suo allevamento di caproche e vaccopotami.
Totale 8.5:
La decisione di Plesio di portare una nuova edizione si rivela quindi, in conclusione, doverosa ed effettuata con maestria, in un’edizione che rinnova anche lo stile grafico (grazie al lavoro di Marco Sada) ma che aggiunge molto valore, pur con una grande coerenza con il titolo originale.
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