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Il mio nome è Thraves. Stephen Thraves Quale, tra questo “Controspionaggio” e il gemello “Polizia”, entrambi scritti da Stephen Thraves, entrambi pubblicati da Giunti nella collana “Tattica Game”, è il sequel e quale è il prequel? Dati e conoscenze discordano, svolgendo delle ricerche, ma in fondo poco importa: i due volumi sono sostanzialmente omologhi e intercambiabili, differendo solo per una serie di dettagli minuti mentre sono molte di più le somiglianze.
Mantenuto, per cominciare, il vizio tipico della collana intera: promettere, in quarta di copertina, di aver acquistato mirabolanti librigioco per esperti che trasformeranno in “professionisti”, altro che i “soliti giochetti”. Generando, in questo modo, delle aspettative destinate fatidicamente a essere tradite e rovinando anche quanto di buono ci sia comunque in questi volumetti d’antan.
Qui siamo in presenza di quattro storie classiche che parlano prevalentemente di “spie” abbastanza stereotipate, interni o collaboratori di un’agenzia non meglio specificata. Vengono narrate, una dopo l’altra, la presenza di una talpa da scoprire entro questo misterioso “dipartimento”; la neutralizzazione di una spia chiamata “Volpe” (“Donnola” nell’originale); l’identificazione di un infiltrato autore di un messaggio segreto citato dietro una banale lettera; l’irruzione dentro una camera oscura covo di un agente straniero da catturare.
Ogni vicenda comincia con un brevissimo testo introduttivo che fornisce contesto e obiettivi, spiegando in quale cerchia di sospettati si andrà a condurre la caccia all’uomo e fornendo alcune indicazioni di massima. Quindi si comincia a vagliare la documentazione proposta e far scorrere i paragrafi e la clessidra.
Il clima è da 007 ma, proprio come nel gemello, la narrazione è un po’ atona e non aiuta a calarsi davvero nella parte dei piccoli Bond se non quando si approda finalmente alla corretta soluzione del caso e l’avversario da identificare viene arrestato. Di questo tratta la sfida: esaminare minuziosamente reperti, deposizioni, risultanze di laboratorio, ciascuna collegata a un numero di paragrafo citato da un’illustrazione o da tabelle, escludere uno a uno i sospettati in base a quanto si scopre e restringere la cerchia finché non si becca il proprio mister X.
Il sistema consente di poter giocare anche in compagnia, passandosi il libercolo a turno e scandagliando ciascuno per proprio conto con vittoria per chi risolve prima, ma tutto sommato sembra meno macchinosa e più godibile la modalità a singolo giocatore, da condurre alla stregua di un vero e proprio librogame: genere a cui anche quest’altro frutto dell’inventiva di Thraves, pur con qualche distinguo, senz’altro appartiene.
Se si gioca in solitaria, la sfida sarà (anche) contro l’orologio: a seconda delle puntate, da un minimo di 45 a un massimo di 90 minuti per snidare il colpevole, con penalità di dieci minuti a ogni tentativo di accusa andato a vuoto. Tempi alla portata di un ragazzino medio ma sicuramente fin troppo dilatati per un lettore avvezzo al genere.
Il possesso di una copia dell’originale inglese consente di operare qualche confronto. La differenza più evidente con “Spy Files” è la trasformazione di un lusso editoriale, la cartellina contenente una serie di fascicoletti separati, uno per caso, e un libriccino con i paragrafi, in un unico volume tutto rilegato onnicomprensivo. Un’opera meno fascinosa, ma probabilmente più pratica.
Deprecabile invece è, ma è un vizio dell’intera collana Giunti, la degradazione del comparto illustrativo, che in un libro di questo genere dovrebbe risultare decisivo. Una mediocrità che coinvolge sia le illustrazioni piccine dei paragrafi, contenenti visi di sospettati che si interrogano e dettagli dei reparti che si esaminano, sia le quattro tavole principali dei casi con la visione d’insieme che fungono da “snodo” per il motore investigativo.
Per le une e le altre sono stati scartati gli originali e si è proceduto a una riproduzione nostrana molto “sketchata” che lascia parecchio a desiderare. E rispetto agli analoghi casi, da “Campionato” in giù, oltre che iattura estetica è anche funzionale: non è raro, purtroppo, che le illustrazioni italiane abbiano dimenticato e tralasciato piccoli dettagli illustrativi che agevolano la risoluzione del caso, sebbene per fortuna dimenticanze mai decisive al punto da “buggare” il libro.
La copertina dell’originale non è certo un capolavoro, essendo solo la simulazione di un fascicolo con un timbro rovesciato, ma anche nella versione italica non si è fatto granché, migliorando appena il poker di foto taroccate del volume poliziesco con quattro illustrazioni generiche a tema (impronta digitale, sagoma di agente, cabina telefonica e dossier) disposte a croce allo stesso modo.
Le storie sono di complessità crescente. Nella prima vicenda della “talpa” ci sono solo intercettazioni e pedinamenti dei sospettati da vagliare, rendendo il dipanarsi del caso un po’ monotono e ripetitivo, specialmente in assenza di trama ad alto impatto. Nel caso della spia amante del calcio compaiono le prime immagini da valutare, seppure con soli otto elementi ispezionabili (in “Polizia” sono quasi tre volte tanto): numero ridotto che porta a leggere tutto e procedere per esclusione.
Più interessante il terzo caso, quello della lettera segreta, dove la svolta dipende anche dal colpo d’occhio che avrà il giocatore nel notare alcuni dettagli calligrafici dell’uomo misterioso, confrontandoli con le abitudini dei sospettati. Ma la trovata non banale di Thraves viene ridotta in poltiglia dalla dabbenaggine di chi ha curato l’edizione italiana, che piazza un bug in traduzione proprio sugli aspetti ortografici che fuorvia le indagini e rende, di fatto, impossibile risolvere il caso se non si bara o quanto meno si raffronta l’italiano con il diverso e corretto testo inglese.
L’inchiesta finale si segnala per la presenza di un indizio “a vuoto” che non porta ad alcuna risultanza, ma fa solo perdere tempo: eppure nel paragrafo iniziale i reperti vengono definiti “di validissimo aiuto”. Potrebbe essere una finezza se fosse un espediente ricorrente impiegato dall’autore, ma essendo l’unica occorrenza in otto casi di due libri gemelli sembra piuttosto una leggerezza stavolta del britannico.
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Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio di quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.
Longevità 6:
Più che in “Polizia”, le storie sono di agile scioglimento, specie una volta capito il senso del gioco, e quindi, senza troppi restart a causa di tentativi sbagliati, terminata l’incriminazione dei quattro colpevoli la rigiocabilità sarà sostanzialmente esaurita.
Difficoltà 6.5:
Data la messe di dati a disposizione, a meno di avere una memoria realmente di ferro sarà fondamentale prendere appunti; fatto ciò, procedendo per esclusione non sarà difficile, ma nemmeno immediato, approdare a dama.
Giocabilità 7:
Il sistema di gioco è semplice ma efficace: consente di portare avanti la propria “detection” con agilità e il giusto grado di soddisfazione.
Chicca:
Nella storia finale, mentre viene introdotta la trama, spunta anche un “io” narrante altrettanto inedito nei sette precedenti, che porta inesorabilmente chiedersi chi diamine ci stia parlando. La risposta inesistente, tutto sommato, non può che significare: un agente segreto.
Totale 6.5:
Un po’ meno profondo di Polizia, ma parimenti godibile, come al solito ingiustamente bistrattato per via della fama ingloriosa e non sempre meritata che grava sull’autore, delle soluzioni povere che hanno inquinato l’edizione Giunti e dello stile un po’ troppo asettico per entusiasmare lettori giovani e attempati.
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