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Recensione

Darkwing 3: Assalto al Ravinca Express
Edizione Libri Autoprodotti 2024
autore/i Davide Cencini
Recensore Dragan

Un gioiello del “Rinascimento”


Un motore di gioco di potenza inusitata, simile a un gioco di ruolo o meglio a un videogame, tanto da stupire a volte il lettore su quante cose sia possibile fare con un semplice libro stampato; un universo credibile perché caratterizzato nel profondo, con un bagaglio di background frutto di sei romanzi, due librigame, un manuale regolamentare e un sito web (importanti ma non indispensabili da leggere); una qualità narrativa di alto livello, con prosa moderna, storie appassionanti e contemporanee e buone dosi alternate di trivialità, ironia e sensualità a contaminare il fantasy classico, intarsiato anche da temi sociali legati all’integrazione e all’inclusività.

Sono, questi, i tre capisaldi su cui Davide Cencini ha costruito la propria fama in ambito librogamistico. Un’impresa perché, a partire da autoproduzioni lanciate sul mercato con poca esperienza, è riuscito a realizzare una saga, quella di “Darkwing”, e dei volumi capaci di duellare alla pari, quando non di prevalere, con le produzioni di case editrici grandi e piccole che hanno costellato il “Rinascimento” del genere. Fino a diventare un vero e proprio caso editoriale, che vanta anche una community di appassionati legatissima a questo progetto.

L’operazione trova compiutezza nel terzo volume a bivi della serie, “Assalto al Ravinca Express” (680 paragrafi, 22 euro, autoproduzione) che rappresenta probabilmente la prova della maturità sia per l’autore che per la sua creazione. È, come i predecessori, un’esperienza per lettori e giocatori esperti, va chiarito subito: le 70 pagine di solo regolamento “base” stanno lì a dimostrarlo, e se si volesse accedere al set di regole complesse c’è, appunto, il volume separato di altre 100 pagine che ne fa esplodere ulteriormente le potenzialità.

Descrivere il sistema di gioco richiederebbe una trattazione molto lunga: tale e tanta è la messe delle statistiche da tenere d’occhio e annotare nel corposo registro, che dispone di venti pagine dedicate. Una mole che non deve spaventare. Una volta completato il processo di creazione del personaggio, che potrebbe anche occupare una intera “run” se non si ha troppo tempo a disposizione, addentrandosi nell’avventura, poi, il motore non risulta troppo invadente e funziona con ottima fluidità. Fatte salve le frequenti pause per segnare nuove cose che, specie nei momenti più concitati, spezzano un po’ il filo della narrazione.

Tentando una sintesi, le voci del registro e le relative dinamiche di gioco si possono raggruppare in quattro grandi macroaree. La prima, quella più tradizionale, delle statistiche personali, di attacco, difesa e salute, poteri, razza e sesso. Questo perché il o la protagonista della trilogia, l’agente segreto Wyvern, parte da un nome e alcuni tratti ben precisi, settati dall’autore. Ma per il resto può essere personalizzato completamente a piacimento, a cominciare dell’appartenenza a una delle sedici razze dettagliatamente descritte. Il secondo grande sottoinsieme riguarda l’equipaggiamento: armi da mischia e da tiro, armature, oggetti, oggetti speciali, denaro, documenti e libri, a ciascuno dei quali è dedicato un paragrafo, con l’affascinante possibilità di impiego della pistola.

Il terzo ambiente di gioco concerne i tratti caratteriali della spia: i “talenti” che accumula azione dopo azione, diventando più o meno Autoritario, Furtivo, Bruto, Seducente, Tuttofare e così via; gli elementi naturali che è in grado di padroneggiare; infine, i rapporti sociali con gli altri personaggi, basati su una scala da uno a tre cuoricini negativi fino ad altrettanti positivi che muteranno, ovviamente, il modo di rapportarsi ai comprimari e la propria capacità di influenza. L’ultima, significativa porzione del registro è dedicata a incasellare i progressi di gioco e qui la somiglianza con i videogiochi è palese: obiettivi primari e secondari, diario degli eventi, checkpoint - perché nessuno si sognerebbe di ripartire davvero da zero dopo morto in un’opera così intricata -, imprese che possono essere raggiunte intere o anche in frazioni da sommare.

L’esplorazione comporta la necessità di muoversi in diverse tipologie di paragrafo, denominate “aree”, anche qui con lampante richiamo videoludico. La permanenza, le azioni e le conseguenze cambieranno a seconda che ci si trovi in aree libere, tossiche, riservate, furtive e buie. Per gestire la complessità appena descritta, assume un ruolo fondamentale la miriade delle icone: simboletti grafici di cui il libro è letteralmente disseminato e che hanno il salvifico potere, una volta acquisita dimestichezza, di rimandare immediatamente alla sezione di registro che dev’essere aggiornata quando capita o si sceglie di fare qualcosa.

Altra peculiarità tipica della serie e confermata alla terza uscita è quella dei sottoparagrafi, indicati dall’icona di un segnalibro e da un numero puntato, per esempio “66.1”. Costituiscono veri e propri rimandi alternativi di un medesimo paragrafo a cui, una volta esaurita per la prima volta la sezione narrativa, e dopo aver seguito la prima opzione, si può puntare per giocare le altre scelte successive, evitando, così, la proliferazione dei paragrafi “cloni”, spesso osteggiata nelle opere moderne.

Rimanendo focalizzati sulla modalità semplice, il sistema di combattimento è basato su turni e la prima mossa spetta d’ufficio all’avversario. Si lanciano dadi per lui, sommando il valore a bonus e altro, e se il totale è maggiore della difesa di Wyvern, la differenza tra i due numeri sarà il danno per il protagonista. In modo speculare viene calcolato il danno inferto dal nostro Solar al suo nemico. Non mancano attacchi e difese speciali, va sempre tenuta in considerazione l’influenza di poteri e abilità particolari e bisogna anche badare alle cosiddette “ferite gravi”: comportano la riduzione della salute massima e, se se ne accumulano tre, la morte.

È lodevole un espediente utilizzato per garantire il maggior equilibrio possibile agli scontri: numerose volte, il livello di salute degli avversari non è fisso come la gran parte dei libri ma è costituito dalla somma della salute di Wyvern + x, aggiungendo, quindi, un coefficiente al proprio valore al momento di incrociare le lame.

Un cenno alla trama. L’universo è quello alternativo di Corown, che scaturisce dal primo romanzo di Cencini del 2012. Qui si muovono i Solar, creature dotate di particolari poteri cui Wyvern appartiene, ingaggiato, per di più, dal servizio segreto denominato Talashar. Reduce da una missione diplomatica finita non eccessivamente bene, scopre che la sua partner lavorativa abituale, Canary, è stata rapita e si trova su un treno blindato, appunto il Ravinca Express del titolo. Il protagonista non può che essere in prima fila nella ricerca che si trasforma, ben presto, nella migliore tradizione delle opere del genere, in una caccia disperata.

È l’occasione per fissare un concetto interessante. Pur essendo spaventosamente interattivo per la quantità e qualità di diverse opzioni che si possono manipolare, questo libro è almeno altrettanto graniticamente lineare. Si muove su una trama diritta e immutabile quanto i binari del treno e non sono previsti snodi del tutto alternativi che si possano giocare solo in run diverse. Naturalmente, la rigiocabilità verrà comunque garantita dalla varietà già sviscerata in precedenza.

La missione stealth - si può anticipare senza spoilerare troppo - viene immediatamente compromessa e lo scontro si fa aperto e acceso con un signor villain che sarà duro da domare per tutto il volume: Torvak, lo scimmione corazzato e cibernetico, un po’ Terminator, un po’ Cyberdemon, responsabile della sparizione di Canary. La sua creatura prediletta è proprio il treno blindato, che spetterà a Wyvern condurre al suo destino, quale che sia, con splendide scene da action movie. La missione primaria cambierà di continuo, una volta scoperti nuovi e oscuri disegni che, a partire dal convoglio ferroviario, occhieggiano a un piano per controllare la mente dei Solar e per diffondere nuove mostruose piaghe e pestilenze.

Non sarà affar breve arrivare al traguardo, attraversando il treno fino alla locomotiva, scampando più volte la morte per mano di Torvak e di una serie di creature demoniache, su tutte il temibile Psi-ghool, arrancando all’interno di un cimitero sommerso, nella cripta del potente negromante Ozogoth il Senzamorte, fino ai duelli risolutivi anche fratricidi. Nel cuore dell’avventura la narrazione assumerà i toni del grottesco quando si andranno a esplorare i meandri della ferrovia, trovandosi alle prese, nel bel mezzo dello scenario fantasy, con depositi, officine meccaniche e perfino uffici burocratici per il funzionamento dell’impianto.

Altrettanto gustosa è, poi, la parte conclusiva dell’opera, dove si intavola un debrief della missione: qualcosa spesso molto trascurato nella gran parte dei volumi a bivi, in cui si chiude quasi sempre con un lapidario “vissero felici e contenti”. Qui viene raccontato, invece, il bilancio che si traccia con i propri compagni e superiori, più o meno positivo a seconda di obiettivi centrati e prove investigative raccolte. Si narra, poi, il ritorno a casa e il riposo del guerriero, con la possibilità di visitare armerie e archivi e prepararsi perfino, in termini di equipaggiamento e conoscenze, al futuribile quarto volume.

Infine, se si sarà ben agito, a tenere su il ritmo c’è la possibilità di assistere, con alcune varianti stupefacenti, a un infuocato intermezzo erotico che farà scendere degnissimamente i titoli di coda sulla vicenda. Certo, non prima di aver fatto il punto sui traguardi di gioco raccolti nell’altrettanto corposa appendice, che comprende anche la galleria dei trofei, le statistiche degli alleati ricorrenti di Wyvern, una guida all’uso di oggetti speciali e armi e il trailer dell’avventura che verrà.

L’apparato illustrativo, tavole interne e la bella copertina a colori vengono firmate da Rita Micozzi, altro distintivo della serie. Canary in versione canonica è protagonista della cover, ma è fascinosa anche la versione “black” da giocattolino perverso di Torvak che fa bella mostra di sé tra i paragrafi. Peccato che le immagini di grandi dimensioni siano “solo” dodici, comprensive di una splash page. Di Francesca Urbinati e Daniele Garbugli le rimanenti illustrazioni di mappa, scheda e altri dettagli grafici.

Tirando le somme, il bilancio non può che essere positivo. L’avventura è lunga, bella, articolata, godibile, chiusa da un finale soddisfacente che lascia, tuttavia, aperte stuzzicanti prospettive di sviluppo orizzontale della trama. I personaggi sono tutti molto diversificati e tratteggiati nel profondo, il protagonista può interagire con loro in vari modi ottenendo risultati sempre diversi. Il gargantuesco motore di gioco sincopa talvolta il ritmo della narrazione, ma senza eccessi, e riesce a gestire la vicenda senza ingolfamenti. Una prova di maturità, si diceva in avvio, di un autore e una saga a buon diritto tra i protagonisti del “Rinascimento”.

***

Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio di quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.

Longevità 8: 

Il ventaglio di opzioni disponibili praticamente per qualsiasi attività in qualsiasi momento; la possibilità di combattere, esplorare, parlare, leggere, fabbricare, investigare e così via; la chance di creare ogni volta un o una Wyvern totalmente differente per razza, sesso, capacità, tendenze. Queste le tre peculiarità che garantiscono molte partite diverse e tutte soddisfacenti. L’aggiunta di un netto percorso alternativo di gioco avrebbe condotto ai più alti livelli di eccellenza.

Difficoltà 8.5: 

Padroneggiare tutto questo, ciò che è stato descritto fin qua, non è facile. Non è un volume da esordienti anche se, a ben vedere, arrivare in fondo all’avventura è difficile, ma non impossibile, dopo che si è presa familiarità con la “macchina”.

Giocabilità 8.5: 

Una volta deciso di ampliare così a dismisura tutto quello che è possibile fare in un librogame, la grande vittoria è proprio essere riusciti a renderlo possibile. Non ci sono pecche evidenti, malfunzionamenti e nemmeno asperità di rilievo, la prova in questo senso è più che superata.

Chicca: 

Non mancano momenti di metanarrazione come al 349 quando, dovendo scegliere se andare a controllare o meno l’origine di alcuni stridii, lettore e protagonista scoprono che Canary ha già deciso per entrambi e quindi il possibile snodo si trasforma in rimando secco. “Devi farle un discorsetto su chi è che decide ai bivi!”, la chiosa che strizza l’occhio a chi legge. Al rango di “chicca” assurge anche la già citata scena in epilogo del ballo sensuale di Sea Scorpion, la guerriera marinide che cela un lato incandescente, molto ben narrata. A Play 2024 è stata diffusa una versione comprensiva di biglietto deluxe del Ravinca Express intestato nientemeno che a Ozogoth, che sblocca un proficuo paragrafo segreto.

Totale 8: 

Uno straordinario esempio di come si fanno i librogame di qualità oggi in Italia. Tanto di cappello per chi da solo ha ideato, progettato, scritto, pubblicato e distribuito questo gioiello. Con l’auspicio di vederlo alle prese con imprese ancora più alte.