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Recensione

Magikal Crimes 1: I Lupi di Arrowtown
Edizione Aristea 2024
autore/i Valeria Cavasin
Recensore Dragan

L’investigatrice del mistero


Un prodotto interattivo fresco, vivace, con una serie di dinamiche interessanti e capaci di accontentare un pubblico generalista - attirandolo verso le letture a bivi - e anche una buona parte degli addetti ai lavori, fatto salvo qualche difetto di gioventù. Si presenta così “I lupi di Arrowtown” (Aristea, 147 paragrafi di storia principale, 60 sezioni quella introduttiva, 10 euro) di Valeria Cavasin: primo volume della serie in quattro parti denominata “MagiKal Crimes”.

“MagiKal”, perché la storia è ambientata in una realtà alternativa in cui la magia, buona e cattiva, esiste e permea il presente, con la presenza accettata di streghe, licantropi e così via, ma anche il passato, come la seconda guerra mondiale o le opere pittoriche incantate di Tiziano, giusto per fare due esempi.

“Crimes”, perché la protagonista, Amy Tang, è un agente di polizia del dipartimento speciale che si occupa di tutti i delitti legati al magico, all’arcano e al soprannaturale. E proprio su due di questi misteri saremo chiamati a condurre la nostra indagine.

Il volume introduttivo presenta una prima inchiesta breve, che fa prettamente da tutorial per scoprire meglio universo e sistema di gioco; l’altra, a seguire, è più strutturata e corposa. Le due parti sono separate tra loro, ma con un certo grado di continuity orizzontale. Il tutorial è astutamente contrassegnato da un simbolo grafico in alto sulla pagina, in modo da non dirigersi a un paragrafo sbagliato dell’altra storia: soluzione che tappa una falla tipica dei librigioco contenenti più avventure separate.

Nel primo caso, si comincia da un caso di presunto bracconaggio di creature magiche nella villa di un facoltoso imprenditore, Osmai Santoleri, che si costruirà via via una reputazione di aspirante villain per l’agente Tang. Nel secondo dossier, bisogna indagare su un giro di licantropi riscontrato nella cittadina del titolo, Arrowtown, inerpicandosi in una realtà incantata lugubre, tanto affascinante quanto repellente.

La trama nel complesso è di media lunghezza, il finale è sincopato: l’accento viene posto dall’autrice specialmente nelle sequenze d’azione decisive. Una volta superate con successo quelle, la chiusura del caso giunge de plano, quasi liquidata in un paragrafetto narrativo molto veloce, con uno spiegone che strizza l’occhio a quello che sarà nel secondo volume. Uno scioglimento che un po’ sorprende, ma tutto sommato non delude.

Passando al sistema di gioco, Tang ha da un lato punteggi base come vita, energia arcana e inventario; dall’altro  statistiche avanzate, come denaro, proiettili e un casellario degli indizi. È un personaggio peculiare e ben caratterizzato, ma l’autrice lascia al lettore un enorme spazio di personalizzazione che la renderà ogni volta diversa. Si comincia dalla specializzazione: magico, forza o intelligence? Tra questi tre settori bisogna indicarne uno in cui Amy eccelle e questo avrà il suo peso in sede di investigazione.

A seguire c’è il profilo psicologico, che si compila nel corso dell’avventura. Il testo chiederà al lettore semplicemente come vuole che sia la “sua” protagonista tra due opposti, per esempio fedele o infedele, attratta dagli uomini o dalle donne. Le selezioni sono completamente libere, non ci sono modi giusti o sbagliati di impostare il proprio carattere. Questi “mattoncini” andranno prima a comporre il profilo e, poi, a provocare certuni effetti in momenti successivi della storia: ti comporterai come hai scelto di essere. Purtroppo, in alcuni casi, senza che ciò determini particolari conseguenze concrete in termini di gioco, ma solo sfumature narrative.

Infine il “destino”, ovvero che cosa sarà di Tang alla fine di questa prima “stagione” di MagiKal Crimes composta da cinque casi in quattro libri: scelte fondamentali e risultati positivi o negativi centrati consentiranno di guadagnare delle parole chiave da segnare in questa sezione, che costituiranno altrettanti sbocchi professionali e di vita della suddetta agente.

Le indagini avvengono nella classica modalità a bivi riconducibile agli investigativi del passato. Ispezioni della scena del crimine e ascolto di testimoni e sospettati portano a indizi da combinare, poi, per approdare alla soluzione del caso. Il possesso di una specializzazione o di altri indizi in un dato frangente può sbloccare ulteriori risultanze investigative oppure sviare da penalità e false piste. Anche prove in apparenza insignificanti possono sbloccare, in sede avanzata, modi alternativi di risolvere pezzi di mistero, con alternative davvero ben congegnate.

Apprezzabile lo sforzo produttivo di inserire, durante la fase di detection, delle mappe illustrate per esaminare la scena del delitto e i suoi dintorni, ma qui si arriva al primo evidente errore di progettazione: i luoghi possono essere tutti ispezionati, nell’ordine che si preferisce, in alcuni casi - certo - andando incontro a conseguenze differenti, ma comunque in modo assolutamente equivalente.

Si tratta dei cosiddetti “falsi bivi”, che purtroppo diventano un difetto ricorrente in più punti dell’avventura, in altri casi con un semplice elenco testuale di destinazioni che ugualmente si possono esplorare tutte e in qualsiasi ordine. Ciò dà il via a una vera e propria dinamica, che potrebbe passare inosservata a chi si cimenta per la prima volta con un librogioco, ma non sfuggirà al lettore esperto, togliendogli un bel pezzo della sensazione di interattività.

L’altra ombra di questo volume è legata alla natura stessa dei gialli interattivi, che portano sempre con sé la zavorra fisiologica di peccare di rigiocabilità rispetto a un fantasy o altro genere: una volta scoperto colpevole, dinamica e movente, il libro sarebbe in teoria da riporre nello scaffale.

Per ovviare almeno parzialmente a ciò si sono trovate nel tempo svariate soluzioni tecniche e di trama: snodi che conducono a porzioni del tutto alternative di avventura o trame secondarie esplorabili solo in differenti run. In “Arrowtown” non c’è niente di tutto questo e una volta visitato tutto - e il testo, come si diceva sopra, consente di farlo - e una volta tirate le conclusioni e letto il finale, sarà quasi ridondante procedere a una seconda partita.

Venendo invece ai punti di forza, c’è da lodare senz’altro la qualità della scrittura di Cavasin. La prosa è fresca, piacevole, costituita da frasi semplici che si fanno leggere volentieri, eppure arricchite da molti dettagli che rendono la caratterizzazione assai ricca: profumi, colori, suoni non mancano mai nei paragrafi, senza per questo appesantire la narrazione e l’azione.

Il pubblico di riferimento può essere inquadrato sì nei giovani, ma non giovanissimi: la presenza di elementi adulti, come i sex toy, nonché le situazioni di eros e violenza indirizzano la lettura del volume a chi sia già almeno un po’ cresciutello.

Il comparto illustrativo è capeggiato dall’artista di punta di Aristea, Katerina Ladon, che firma l’affascinante copertina, ritraendo una scena chiave del primo racconto e trasmettendo subito la corretta atmosfera. Peccato per l’assenza di grandi tavole interne, salvo una di scenario urbano; sono invece presenti degli sprazzi illustrativi qui e lì con alcuni soggetti che danno comunque lustro all’edizione. Plauso particolare per la cura grafica del registro, di Luca Trentin, e le mappe, di Chiara Di Francia.

Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio di quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.

Longevità 6.5: 

Viene sicuramente sorretta dai tanti e variegati modi diversi di approdare agli indizi, ai risultati investigativi e agli esiti delle due indagini, nonché dalla mole di personalizzazioni della protagonista. Ma non si trova il quid in più per rendere doverosa, oltre che possibile, una seconda partita.

Difficoltà 7: 

Non mancano salvagenti e scialuppe di salvataggio per consentire anche al lettore più scapestrato di condurre in porto l’avventura. Non che l’indagine sia banale, ma il percorso lineare e le tante alternative offerte rendono davvero difficile approdare a una fine prematura e nefasta dell’inchiesta.

Giocabilità 8: 

Il sistema di gioco è articolato ma non pachidermico e consente una lettura agile e godibile senza troppe intromissioni. Un motore particolarmente accogliente con i novizi del libro interattivo, cui la presente opera deve ritenersi senza dubbio rivolta.

Chicca: 

Sono molteplici. Stupisce l’inserimento di un cruciverba nel bel mezzo dell’avventura, con definizioni tutte coerenti con il setting di MagiKal Crimes: un buon espediente per familiarizzare ancora di più con le particolarità studiate dalla fervida immaginazione di Cavasin. Apprezzabili anche le “ricette” conclusive, due piatti legati agli altrettanti happy ending possibili per Tang. Una buona decelerazione dopo il finale di avventura squisitamente action.

Totale 7.5: 

Entusiasmante da leggere, piacevole da giocare, al netto di difetti non esiziali una bella proposta e una ventata di novità senz’altro gradita nel panorama della narrativa interattiva italiana.