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Il piacere della scoperta
“Attraverso l’abisso” è il sottotitolo del librogame che reinterpreta “Gordon Pym”, il classico di Edgar Allan Poe, scritto da Lorenzo Trenti per la collana “Gamebook” di Watson Edizioni curata da Francesco Di Lazzaro. Ma se - oltre all’autore di partenza - una tagline del genere fa pensare, come anche fanno l’apparato introduttivo e la quarta di copertina, a un librogioco “dell’incubo”, che tratti soprattutto di aspetti psicologici e orrorifici, elemento senz’altro presente, tali elementi vanno a sottostimare ciò che per chi scrive costituisce il punto di eccellenza di questo volume: è uno straordinario libro a bivi di viaggio.
Sì, è il viaggio, alimentato da un carburante inesauribile che è la brama di odissea conoscenza, ad alimentare le vicende e le gesta, fauste e nefaste, del protagonista creato da Poe e ripreso con tanta perizia e completezza da Trenti, che si conferma un maestro delle riproposizioni dopo avere incantato già con “Il sabba nero” (Dedalo Vincent Books) e, a seguire, con la partecipazione a “Il sangue del barbaro” (Officina Meningi).
Il metodo di lavoro è ormai noto e collaudato: l’autore “retroingegnerizza” il romanzo originale, fissando le tappe chiave della trama e considerandole solo uno dei possibili snodi narrativi, andando poi a colmare tutte le altre plausibili alternative, che siano accennate nei classici, o creando ex novo ove necessario. Completano le sue opere un sistema di gioco di solito tanto semplice in superficie quanto elaborato nel motore, assenza di dadi e il frequente ricorso a enigmi per immagini anche molto arguti, sebbene non irrisolvibili.
Tutti elementi che si confermano anche in questo “Pym”. L’inizio è volutamente lento. Sbatacchiato e semirecluso in mezzo al mare sul brigantino Grampus, senza memoria del passato, il protagonista deve retroattivamente ricostruire la propria vicenda e la propria identità, fino a costruire le basi per liberarsi dell’incertezza e della situazione, attraverso un clamoroso true path stretto, che offre una e una sola strada per sbloccare il prosieguo dell’avventura. Poi, Pym deve giocare la sua partita all’interno di una guerra tra diverse fazioni di ammutinati per il controllo della nave, reclutando alleati e mettendo in atto le migliori strategie per portare alla vittoria i propri protetti.
Infine comincia il cuore della trama, basato - come si diceva - sulla insaziabile sete di viaggi di mister Gordon, che l’ha portato a lasciare i natii Stati Uniti e una vita serena e sicura per inseguire gli abissi e, forse, l’abisso. Strumento e snodo centrale di una vita in viaggio sarà una mappa navigabile, con le destinazioni contraddistinte da numeri di paragrafo: alcune tappe sono già segnate di default mentre altre dovranno essere scoperte apprendendo indizi nel corso delle proprie peripezie. Ci sono alcuni elementi che lasciano pensare alla celebre serie Fabled Lands di Dave Morris, portata in Italia come Terre Leggendarie da Librarsi: ma la differenza è sostanziale, qui c’è molta meno enfasi sulla libera navigabilità mentre viene calcato un accento pesante, e piacevole, sull’aspetto epico e narrativo.
Il sistema di gioco è basato su due sole statistiche che andranno a caratterizzare la parabola di Pym. Entrambe costituiscono dei “gradienti”, una sorta di barra ideale che oscilla dal minimo di 1 al massimo di 10, con effetti più o meno positivi che verranno esplicitati dal testo in game. Si tratta di Inedia, la quantità di fame che si ha, e Deriva, lo smarrimento geografico e intimo dopo anni trascorsi tra i marosi.
Ad arricchire la scheda, un classico inventario di oggetti; un elenco di parole chiave denominate Note che sbloccheranno eventi e finali; il Ruolino di bordo che segnerà l’elenco della ciurma e, più in generale, degli alleati assoldati tra le proprie fila. Quest’ultima feature avrà un ruolo determinante e non conteranno solo le scelte ma anche l’ordine dei propri adepti.
Il motore di gioco viene completato da Tacche, Ore e Giorni, statistiche da crocettare che segnano il trascorrere del tempo e degli accadimenti in determinati punti dell’avventura; infine i Trofei, di tre tipologie, Esploratore, Mercante e Pirata, che verranno accumulati a seconda di come il lettore vada a forgiare il “suo” protagonista, anche in questo caso con un’amplissima libertà di scelta e personalizzazione.
Va rimarcata anche un’opportunità concessa a metà avventura, ossia dopo la risoluzione della guerra tra ribelli e prima di prendere il largo verso nuove vicissitudini: quella di “salvare” la partita, istituendo un Checkpoint ove ricopiare le proprie statistiche giunti a quel punto. Un baluardo da cui riprendere il gioco, invece che daccapo, in caso di malaugurata e precoce dipartita nel terzo e decisivo atto di questo volume.
Pym finisce in vari modi ed è, questo, un altro punto di grande qualità dell’opera. Sono, difatti, ben venti i differenti finali, positivi, neutri o negativi, cui si può approdare a seconda di scelte, tempo di gioco e anche della sorte. Un’intera sezione di paragrafi conclusivi costituisce il punto di approdo se, a un certo punto, si decide arbitrariamente di porre fine alla propria odissea in mare e fare rotta verso casa a Nantucket, Massachusetts, oppure se si incappa in colli di bottiglia che forzosamente, per motivi fruttuosi o avversi, conducono a tirare una volta per tutte le somme della propria avventura.
Ognuno dei venti finali riporta, poi, alla Conclusione, che funge anche da videogamistica “galleria dei trofei”. Per dar modo anche ai lettori meno esperti o accorti di scoprire l’ampiezza del proprio scritto, l’autore pone una serie di domande su possibili traguardi raggiunti e da raggiungere, consentendo di fare un bilancio e di innalzare la longevità già alta del volume, come si potrà leggere nell’apposito giudizio dedicato.
In chiusura di volume, in Appendice una provvidenziale, ancorché scarna, sezione di Aiuti, che scioglie gli enigmi più ostici tra quelli di cui il libro è costellato. E infine una bibliografia di volumi su Poe, sul mare e sul viaggio, che svela anche, e rende merito, la fonte da cui gli indovinelli e i rompicapo sono tratti.
Meritano il plauso anche le belle illustrazioni interne di Federica Lauria, particolarmente azzeccate sia come mood, e questo è merito dell’artista, sia come concezione quando contengono arcani, e qui il merito torna all’autore dell’opera. Di grande livello anche la copertina a colori firmata, come in tutti i libri Watson, da Vincenzo Pratticò, che ritrae un momento chiave della storia originale, riproposto anche nella versione a bivi.
Tavola evocativa, la cover, seppure, a detta di chi scrive, non rappresenti la migliore metafora possibile per mettere in copertina il senso di libertà, di infinito e di gioia del viaggio, sempre ai fini di conoscenza, che l’autore è stato bravissimo a trasporre su carta non tradendo, anzi esaltando, l’originale del maestro dell’orrore.
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Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio di quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.
Longevità 8.5:
Le varianti sono tantissime, come anche le possibili versioni di Pym. Questo conduce a evidenziare il rovescio della medaglia, pur senza danni irreparabili, del “metodo Trenti”: la proliferazione dei paragrafi per generare tutto il ventaglio di possibilità offerto, portando a opere di massiccio ingombro che poi, però, in ogni singola run, andranno a raccontare una storia tutto sommato breve. Ma potranno farlo tante e tante volte: talmente tante e differenti volte da impressionare anche i “vecchi filibustieri” del mare magnum della narrativa interattiva.
Difficoltà 8:
Non è impossibile venire a capo di questo Pym, se si eccettua il true path iniziale che va analizzato e digerito prima di essere soluto. Le sfide sono alla portata ma certo è un libro più a misura di giocatori esperti con pagine e pagine a bivi di esperienza, gli esordienti dovranno spremersi le meningi mezza volta in più per essere all’altezza della sfida.
Giocabilità 9:
Il sistema di gioco, le statistiche, gli enigmi, la navigabilità, la costruzione del personaggio e della sua storia, il bilancio finale, tutto contribuisce a costruire un’esperienza di gioco memorabile. Alla fine della run verrà già il rimpianto di non poter avere altri volumi similari a disposizione, altre avventure, altre rotte su cui lanciare la propria imbarcazione.
Chicca:
Al paragrafo 100 Gordon cade in un sogno che si rivela essere premonitore: per simulare l’effetto, al lettore viene concesso di aprire il libro a caso leggendo il primo paragrafo in cui si imbatte e, se ci sono snodi, anche il successivo. Tutto ciò ovviamente solo come esperienza e senza che influisca sulla trama attuale e sul registro di gioco. A meno che non si sia particolarmente sfortunati da pescare una sezione già visitata, una bella intuizione per calare ancor più il lettore nei mutevoli panni del protagonista.
Totale 8.5:
Una pietra di paragone di come si costruisce un librogioco di viaggio fatto e finito, con sfide creative e coerenti, una solidissima trama di fondo, un’ampiezza che in alcuni passaggi si dilata fino a diventare letteralmente smisurata. Perla sottodiffusa e sottovalutata.
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